Aria di Pasqua

Come da consolidata tradizione le festività pasquali, sulla falsariga delle natalizie, si estendono nel tempo visitando gli ospiti di tutti i reparti e offrendo loro un momento religioso accompagnato da una festicciola. A Paverano, quest’anno, sono iniziate il 19 marzo per concludersi il 27. Il 28, nella nostra chiesa, si è raccolta in preghiera una parte consistente degli operatori, invitati poi ad un rinfresco per lo scambio degli auguri all’interno del ristrutturato salone Don Pensa, sito sopra il vecchio porticato. Il tutto ci ha condotto alle funzioni della settimana santa.

Naturalmente non potevano mancare le uova che, come i rispettivi presepi di cioccolato, da oltre un decennio sollecitano ad un acquisto finalizzato, di volta in volta, a una nuova realizzazione in terra di missione. Stavolta era per un pulmino necessario a bambini e adolescenti disabili a Bangalore, in India. A coprire le cifre mancanti ci penserà ovviamente l’Opera di Don Orione, in modo che la promessa diventi, in tempi molto stretti, realtà.

I vecchi contadini d’una volta, provati dagli stenti e dalla fatica, erano portati dalla loro non invidiabile esperienza a considerare l’aria, e non solo, un qualcosa di costante nel tempo, immancabilmente sfavorevole a sé stessi. Non avevano tutti i torti, considerando le molte tribolazioni ed i troppo brevi momenti di allegria, legati per lo più alla propria infanzia. Probabilmente avrebbero voluto un vivere umano, rapporti fraterni, gioia nel sentirsi riconosciuti, apprezzati, dando al passato colore e calore corrispondenti, ben lontani dal vissuto.

Invece da noi, e non per scontentare i già bistrattati contadini, l’aria è davvero più salubre. Diverse nuove professioni, inizialmente avversate perché ritenute inutili, hanno preso campo conquistando gli ospiti, ed in particolare quanti, nel mondo esterno, non erano valutati degni neppure d’un misero saluto da buona parte dei propri conoscenti. Per loro è scoperta l’essere considerati alla pari, seguiti nel discorso, anche ripresi quando vanno fuori dalle righe. Li vedi felici, tutti stretti accanto al loro operatore, che ha un nome comune, ronzanti come api nel pieno della raccolta, compiti quando invitati a fare qualche nuova conoscenza, lieti di porgere la mano anche se le parole latitano. Riprendono il gusto d’essere e sentirsi uomini, donne … . Assistere non è dar da mangiare o curare; principalmente è conoscere ed amare.