STORIA DELLE CASE

La Casa di Castagna

Continuando a seguire i passi di don Orione in quel di Genova, ci imbattiamo ora in una realtà voluta fortemente come le altre, ma con toni più familiari.

Abbandonata la prima sede del Piccolo Cottolengo, che era una modesta casetta in via del Camoscio, sfrattato dal Conservatorio San Girolamo di Quarto e sistemato in via Bartolomeo Bosco, in centro città, don Orione sembra non voler mollare la posizione in quel di Quarto. Quando ne deve scrivere dice sempre “Quarto dei Mille”. Il figlio di un garibaldino poteva non rimanere affascinato da quello scoglio? Certamente non intendeva soppesare la mole immensa di problemi che la spedizione garibaldina aveva creato ma, idealmente, navigava sull’onda dell’entusiasmo dell’unità d’Italia.
Chi da Genova si avvia verso levante, trova sulla destra l’Osteria del Bai il cui tetto è sforacchiato da un pino marittimo. Da sinistra scende giù via Romana di Quarto, probabilmente l’antico cardine che si immette nel decumano che ha nome via Aurelia. Di lì si saliva per orti e uliveti fino a raggiungere la nostra “Castagna”. Era un vasto appezzamento di terra ricco di olivi, ben coltivato e con case coloniche. La famiglia Ravano lo donò a don Orione nel 1929. Quell’anno fu infausto per l’economia occidentale e l’Italia fu provata in modo gravissimo. Don Orione invece continuava a costruire e il 21 aprile del 1930 il card. Minoretti posava per il momento la prima pietra del Piccolo Cottolengo di Quarto. Don Orione si fermò lì perché prima voleva terminare la costruzione del Santuario della Madonna della Guardia in Tortona, che intendeva inaugurare nel 1931, anniversario della proclamazione del dogma della maternità divina della Madonna. Il Fondatore si preparò alla posa della prima pietra salendo al santuario del Monte Figogna, accompagnato da due giovani ragionieri genovesi. A notte fatta vennero raggiunti da un terzo, lui pure ragioniere e genovese. Diventeranno tutti e tre membri della sua Opera. Fecero venire l’alba in preghiera. Annota il cronista che, scendendo, pareva che gli angeli cantassero un soavissimo canto. Don Orione farà la stessa cosa in occasione dell’acquisto del Paverano.
Per la costruzione del Santuario votivo della Guardia in Tortona,  impiegò i suoi chierici e sacerdoti come manovali. Finita la costruzione li dirottò a Genova per continuare il medesimo impegno nella costruzione del Cottolengo della Castagna. C’è un ricco florilegio attorno a questa vicenda. Sarebbe difficile descrivere la edificante meraviglia che destavano i chierici che manovravano pale, picconi, “cuffe”, cazzuole, frattazzi e altri aggeggi. Venne costruita la strada dopo lunghe trattative condotte dall’avvocato Revelli e i proprietari dei poderi che venivano interessati. Ma l’odore delle palanche, reali o sperate, era tale da solleticare e convincere un “zeneise” doc. Il progetto monumentale dell’ingegner Bruzzo venne realizzato in parte. Prevedeva infatti due ali e una grande cappella dedicata a San Giuseppe, che le saldava insieme. Ne venne portata a termine nel 1936 soltanto una. Successivamente, il 25 ottobre 1986 veniva inaugurata la seconda ala. Essa, dovendo accogliere non più singoli ospiti ma coppie di sposi, doverosamente è stata progettata per questa destinazione, staccandosi un po’ dall’idea iniziale.
La benefattrice che diede i mezzi per la realizzazione fu la signora Giacinta Ronzana, vedova dell’armatore Vittorio Fassio.
È un vero fiore all’occhiello. A filo scorre il trafficatissimo corso Europa che invece di disturbare la quiete degli ospiti, solleticandone l’udito ormai affaticato, li riporta agli anni ruggenti mentre, poco oltre, lo sciabordio del mare e il luccichio delle onde accompagnano serenamente il crepuscolo della loro vita.
Così scriveva don Orio­ne al conte Ravano il Giovedì Santo del 1928: «Per me questo 5 aprile è giorno doppiamente sacro, ma ella ha voluto con la sua lettera rendermelo, direi ancora più caro offrendomi pel Piccolo Cottolengo il terreno di Quarto Castagna, inviandomene la planimetria.
Ho deposto davanti al tabernacolo e la sua lettera e lo schizzo, e accetto con profonda gratitudine l’offerta: – quel terreno risponde al mio fine: di umilmente cooperare a dare la mia vita per fare di Genova, città di Maria SS., la città della carità.  Una grande luce di carità si diffonderà da Genova; le parole e la benedizione di San Bernardo avranno il loro più grande adempimento».
È il modo più immediato per introdurre i rapporti tra don Orione e l’intera famiglia Ravano. Più e più volte nelle memorie del Piccolo Cottolengo e nelle povere pubblicazioni che hanno accompagnato la sua vita si è parlato di questi insigni benefattori. Una famiglia di imprenditori che aveva all’ancora del porticciolo di Nervi i suoi due alberi per il commercio di granaglie e affini. Il primo dei Ravano che venne a contatto con don Orione fu il conte Agostino. Nei suoi ricordi è commovente la descrizione del suo primo incontro nel 1923 in via San Lorenzo, nella sede dell’Unitalsi. Da buon ligure inizialmente squadra con circospezione quel prete che fa di tutto per nascondersi ma poi conclude dicendo: «Al termine del suo dire ero conquistato e nel mio animo c’era il fermo proposito di aiutarlo con tutte le mie forze convinto della grandezza e della bontà della sua opera». Da come si riesce a leggere nei ricordi, Agostino faceva un po’ da capo cordata della numerosa famiglia di Pietro Ravano. Il suo entusiasmo per don Orione contagiò i fratelli Giuseppe, Alberto e le sorelle Teresa, Ines e Maria. Ispirandosi a don Orione tutti trassero motivo per far le scelte più determinanti nella loro vita. Marco Ravano, figlio di Agostino, ricordava che in famiglia c’era la massima che troncava ogni discussione: «Dun Uriun dixeiva». Furono loro a trovare l’accordo per donare a don Orione la collina dove poi sorgerà un’altra sede del Piccolo Cottolengo: la Castagna.
dal libro: Le mani della Provvidenza