In ascolto con Maria

Ascoltate oggi la voce del Signore, non indurite il vostro cuore.
È questo un ritornello che apre spesso la preghiera liturgica quotidiana della Chiesa.
Ascoltare la voce, la parola del Signore, è essenziale per la Chiesa e per il cristiano. La fede nasce proprio dall’ascolto del Signore, è la risposta che diamo alla sua parola. Essere cristiani è ascoltare il Signore che ci parla in molti modi, anche personali e intimi è vero, ma principalmente attraverso quella parola così come è stata tramandata e raccolta nei libri della Sacra Scrittura, vecchio e nuovo testamento.
Siamo nel mese di Maggio, il mese che la tradizione cristiana dedica alla devozione mariana. E Gesù stesso non poteva fare elogio maggiore alla sua madre Maria che definirla donna che ascolta. Donna che ha creduto e ascoltato. Così voleva presentarla come modello di ogni cristiano. Questa è la grande virtù di Maria: essere capace di ascolto e di accoglienza nella fede.
Un giorno andarono a trovarlo sua madre con alcuni parenti, ma non poterono avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: tua madre e i tuoi parenti sono qui fuori e desiderano vederti. Ma egli rispose: mia madre e i miei parenti sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.
E un’altra volta una donna del popolo si avvicina a Gesù che sta parlando e gli dice: beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte. Ma egli disse: beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano.
La spiegazione di queste frasi.
Gesù non vuol dire che Maria non è beata, ma vuole correggere l’interpretazione di quella donna. Mia madre è beata perché mi ha portato in grembo e mi ha allattato? No, mia madre è beata non perché mi ha messo al mondo ma perché ha ascoltato la Parola di Dio. E questo potete farlo anche voi. Mentre la parte della generazione e della maternità è avvenuta una volta sola e noi non possiamo svolgerla, il fatto che lei abbia ascoltato come discepola è possibile anche per noi. Beata lei, beati noi.
È da questo ascolto che nasce la beatitudine.
Non solo nasce la beatitudine ma anche l’impegno apostolico. Dopo aver ricevuto l’annuncio dell’angelo Maria si mise in viaggio e raggiunse in fretta una città di Giuda per un aiuto all’anziana cugina Elisabetta, anche lei incinta. Importante quell’avverbio in fretta. Avendo accolto la parola subito le dà carne, la rende concreta, si mette in cammino per portare l’annuncio della salvezza che Dio sta operando in lei.
Noi sappiamo che il cristianesimo non è una teoria o una dottrina ma l’incontro con una persona che ti cambia la vita e la mette in movimento in una crescita senza fine.
Un cammino che non è legato tanto al fare quanto a diventare autentici discepoli. È un cammino di maturità spirituale perché prima di fare la Chiesa deve ascoltare.
Lo stesso evangelista Luca ha scritto proprio per questo motivo due libri, il Vangelo e gli Atti degli Apostoli.
Il libro degli Atti racconta quello che hanno fatto gli Apostoli, ma nel Vangelo quello che ha fatto Gesù. Quindi gli Apostoli prima di fare devono imparare da Gesù. Prima ascoltare, poi agire. Ma è un prima di valore, non tanto di tempo. Non è che per alcuni anni ascoltiamo, poi smettiamo di ascoltare e incominciamo ad agire. Sempre, lungo tutto il cammino della nostra vita, ascoltiamo e facciamo. Non si può fare senza ascoltare, né ascoltare senza fare.
Però dicendo che prima bisogna ascoltare si afferma che l’ascolto è più importante. È la causa, l’origine. Se la Chiesa o il discepolo non ascolta agisce in maniera sterile. Ed è possibile che noi ne abbiamo fatto l’esperienza. Dopo alcuni anni di impegno attivo può subentrare la stanchezza e la delusione. Capitano le delusioni, eccome, e molte volte proprio chi si impegna nel servizio trova risposte negative e ingratitudine, e si stanca e perde la voglia di fare. Chi me lo fa fare? Lascio perdere. Se arriva questa idea del basta è perché non si è ascoltato, non si è in continuo ascolto del Signore. C’è effettivamente il rischio che il fare sia un’attività mia, con cui io cerco le mie gratificazioni.
Ecco il cammino. Una maturazione di chi ascolta il Signore, di chi lo accoglie nella propria vita, di chi impara da Lui. Di conseguenza vive come lui è vissuto.
Ricordiamo l’episodio di Marta e Maria. Gesù non rimprovera Marta perché lavora, ma perché si agita e si preoccupa. Crede di essere lei a dover fare tutto.
Maria invece ha scelto la parte buona, quella che non le sarà tolta. Quale? La relazione personale. La parte buona è l’essere. L’essere è eterno. In Paradiso non avremo più niente da fare, commenta il noto biblista Don Claudio Doglio, non ci saranno più poveri da aiutare, malati da curare, bambini cui fare catechismo. Nessuno più avrà bisogno di aiuto. Se uno imposta tutto sul fare per gli altri il paradiso non ha più senso, perché il paradiso è l’essere con il Signore, la comunione personale con il Signore. Il fare è un’espressione dell’essere, una conseguenza, ma non ne può prendere il posto.
Il discepolo è uno che ascolta, ascolta la parola, ascolta il Signore. Si lascia cambiare e si mette in cammino, per diventare persona matura. Camminare significa crescere. Può significare anche cambiare, correggere atteggiamenti sbagliati. Significa diventare come il Signore ci vuole.
I due discepoli di Emmaus si stanno allontanando da Gerusalemme amareggiati e delusi, ma lungo la strada Gesù in persona si mette a camminare con loro, ed essi ascoltano senza stancarsi la spiegazione di Gesù, ciò che nella Bibbia si riferiva a lui. E ascoltando Gesù si sentono ardere, il fuoco dell’amore, come il fuoco sotto la cenere, riprende.
Lo fermano, resta con noi, ed egli entrò per rimanere con loro. È un entrare che alla fine vuol dire entrò dentro di loro, per rimanere con loro. Entra davvero nella nostra vita di discepoli, nella nostra persona, in modo tale da rimanere abitualmente con noi, da di dentro cammina con noi e ci fa uscire da noi stessi perché possiamo riprendere il cammino. La forza dell’ascolto li ha cambiati.
E quando Gesù scorge Zaccheo nascosto dentro quell’albero di sicomoro gli dice: Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua. Quel devo richiama il progetto di Dio per ogni uomo. “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del padre mio”, dice Gesù dodicenne ai suoi genitori che ansiosi erano tornati indietro a cercarlo nel tempio di Gerusalemme. E a Zaccheo e a tutti dice appunto, oggi devo fermarmi a casa tua, oggi devo occuparmi con te delle cose del padre mio. Questo è il progetto di Dio, sono venuto a cercare proprio te, ciascuno di noi, uno a uno, oggi. E la conclusione è: oggi la salvezza è entrata in questa casa. Zaccheo è un uomo nuovo. La salvezza è la persona di Gesù. L’incontro con lui cambia la vita, cambia le relazioni, anche quella con i soldi, cambia il modo di vedere.
Ecco perché il cristiano e la comunità è chiamata a camminare con il Signore e ascoltare la sua parola. Che se Egli entra nella nostra vita ci segna, ci cambia, ci scalda il cuore. E se il cuore arde allora abbiamo voglia anche di fare. Se lo accogliamo il nostro fare sarà certamente utile, buono. Ciò che è importante è l’essere con il Signore, stare con lui, ascoltare lui, per diventare discepoli che lo imitano concretamente, sulle strade della vita.
d.g.m.