Orionini in cammino nella Chiesa di Papa Francesco

PAPA FRANCESCO E NOI: QUALE CONVERSIONE?

I gesti e il magistero di Papa Francesco ci invitano ad una “conversione” nella nostra sequela di Cristo e nel servizio ai fratelli: una conversione dei nostri atteggiamenti personali, delle nostre relazioni, delle prospettive e dello stile della missione.  Papa Francesco chiama tutta la Chiesa ad accogliere ed ad affrontare le sfide della storia e i problemi dell’umanità con una vivencia più evangelica, con un atteggiamento fiducioso verso il mondo, sapendo vedere nel campo il grano che cresce, pur in mezzo alla zizzania, partecipando all’amore di Dio per il mondo.

1.CONVERSIONE DEGLI ATTEGGIAMENTI PERSONALI a.Religiosi centrati sull’essenziale

L’essenziale per noi è il “Solo Dio”, il seguire Gesù Cristo, la testimonianza del Vangelo secondo il carisma.[8] E’ con questa fedeltà che sosteniamo i nostri fratelli nel camminare verso il Signore.

Qui è il cuore del dinamismo di rinnovamento della Chiesa promosso da Papa Francesco: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” (EG 1). Occorre partire e “ripartire da Cristo”,[9] vivere “gli stessi sentimenti di Cristo” (Fil 2,5), fino a sperimentare che “non son più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). È per questo che Papa Francesco scrive: “non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva »” (EG 7).

Papa Francesco, prima degli splendidi 288 numeri della sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium, dice semplicemente: “Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta” (EG 3).[10]

Ci è chiesta una seria conversione al discepolato come condizione essenziale ed indispensabile per svolgere la nostra missione (“pastores que se dejan pastorear”), coscienti di essere “all’incrocio del dono”: tutto ciò che Dio ci ha donato con la fede, la vocazione, il carisma siamo chiamati a donarlo agli altri.

Proprio a noi Orionini Papa Francesco aveva già raccomandato di essere “discepoli missionari” e “pastori che si lasciano pascolare. Non pastori che sono autonomi o che possono essere assimilati a capi di ONG. La immagine di Gesù buon Pastore vi metta in questo tono di vita spirituale, di essere conduttori condotti, dove, in ultima istanza, è il buon Pastore che dà l’impronta. È il buon Pastore che in un certo modo determina il cammino che dovremo seguire” (Al Capitolo).

Il primo nostro compito e servizio è la santità, l’essere di Dio. Consiste nell’identificarci con Gesù, che ha messo al centro la volontà del Padre e le persone, prendendo l’”odore delle pecore”,[11] usando misericordia e tenerezza, contemplando tutti e tutto con il suo sguardo benevolente e rispettoso.

Don Orione ci voleva non solo “centrati” ma “fissati” sull’essenziale: “Già altre volte vi ho detto che per amare veramente il Signore, la Madonna, le cose sante, la Chiesa, bisogna farsene quasi una fissazione… Noi dobbiamo essere fissati unicamente in quello che riguarda l’amore e la gloria di Dio e della Vergine Santissima e la salvezza delle anime…  Qual era lo stato della Madonna verso Gesù? Voi lo sapete: non viveva altro che per Lui! Non parlava che di Lui e per Lui, soffriva e pregava volentieri per Lui; direi, pensava quello che pensava Gesù – se gli fosse stato possibile – tanto il suo amore desiderava essere vicino in sentimenti, pensieri e affetti a quello di Gesù… vivere all’unisono, in tutto, con Gesù”.[12]