Orionini in cammino nella Chiesa di Papa Francesco

b.Religiosi che camminano con i fratelli

Come Gesù con i discepoli, camminiamo sulla strada con i fratelli, specialmente quelli delle periferie esistenziali, i “desamparados” con termine spagnolo divenuto caro anche a Don Orione. È un punto qualificante della Chiesa che Francesco sta promuovendo. È un punto qualificante del carisma orionino cui convertirci decisamente.

“L’ambito in cui voi dovete lavorare è la strada. Dio vi vuole callejeros, di strada, nella strada”, ha detto proprio a noi questo Papa. “San Pio X inviò Don Orione fuori Porta San Giovanni, nella strada, non nella sacrestia. Per favore, che Dio vi liberi dal… contemplarvi l’ombelico. No, nella strada. Il luogo, l’ambito è la strada, la strada nel senso più simbolico della parola, cioè, dove si giocano le periferie della vita”.[14] “Nella strada” significa una collocazione ambientale e ancor più interiore.  A noi Orionini risuona il ben noto “fuori di sacrestia”.[15]

Come dobbiamo essere pastori “nella strada”? Ricorrendo all’immagine del buon pastore, Francesco risponde: •“A volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo” (EG 31). Papa Francesco osserva che “molti operatori pastorali sviluppano una sorta di complesso di inferiorità, che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni”. Non si deve avere paura di stare davanti, con audacia e santa intraprendenza; non si deve “soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri” (EG 79). •“Altre volte starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa” (EG 31). Ciò farà bene alla gente e al pastore. Per non cadere nell’“accidia pastorale”, “egoista” e “paralizzante” (EG 81), bisogna non perdere “il contatto reale con la gente, in una spersonalizzazione della pastorale che porta a prestare maggiore attenzione all’organizzazione che alle persone, così che li entusiasma più la tabella di marcia che la marcia stessa” (EG 82). Si vivrebbe “una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadro­nisce del cuore come «il più prezioso degli elisir del demonio» [Georges Bernanos]” (EG 83). •“E in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro e – soprattutto – perché il gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade” (EG 31).

Con Don Orione e con il Papa di oggi, noi Orionini siamo chiamati a “scoprire e trasmettere la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio” (EG 87).[16]

Tutti ammiriamo in Papa Francesco la sensibilità alla dimensione personale delle relazioni: offre il caffè alle guardie, porta la sedia a un vigile, dona il panettone agli operai, telefona alle persone più diverse, ecc. Le nostre attività sia caritative che pastorali, a volte sono bene strutturate e istituzionalizzate; non dovremmo però perdere i rapporti personali e i gesti di carità personali e diretti.

c.Religiosi che cercano la volontà di Dio insieme ai fratelli

È indispensabile “ascoltare quello che il Signore vuole dirci nella sua Parola, per lasciarci trasformare dal suo Spirito. È ciò che chiamiamo lectio divina” (EG 152).

Siamo immersi in un mondo di molteplicità e confusione di idee e di molte chiacchiere. Occorre praticare l’”esercizio del discernimento evangelico, nel quale si cerca di riconoscere – alla luce dello Spirito – quell’”appello, che Dio fa risuonare nella stessa situazione storica” (EG 154).

“La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguità della vita e fa trovare i mezzi più opportuni, che non sempre si identificano con ciò che sembra grande o forte. Il discernimento si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente, specialmente i poveri”.[17]

È un processo che chiede pazienza e tempo, ascolto e dialogo, libertà interiore, spirito di fede e coraggio di assumere decisioni secondo la propria responsabilità.

Papa Francesco lo sta attuando nella vita della Chiesa, promuovendo dinamismi e strutture per la partecipazione e la consultazione,[18] con particolare attenzione alla comunione con i laici, che “sono semplicemente l’immensa maggioranza del popolo di Dio” (EG 102), e all’”indispensabile apporto della donna” (EG 103). Per far questo ci sono da superare sentimenti e forme sempre risorgenti di clericalismo e di elitarismo, ricordando che “nella Chiesa le funzioni non danno luogo alla superiorità degli uni sugli altri” (EG 104).[19]

Il religioso è “un contemplativo della Parola e anche un contemplativo del popolo”, “per saper leggere negli avvenimenti il messaggio di Dio”, “ciò che il Signore ha da dire in questa circostanza” (EG 154).

La ricerca della volontà di Dio implica sempre una dimensione comunitaria, collegiale. Noi religiosi abbiamo dinamiche collaudate di discernimento comunitario e di obbedienza,[20] ma abbiamo bisogno di una conversione pratica, ricordando che “nella vita cristiana non si fa mai molto se non quando si fa molto la volontà di Dio”[21] e che “Figli della Divina Provvidenza significa figli dell’obbedienza”.[22]