Qualche cenno di storia della Chiesa di San Giovanni Battista del Paverano

“…Agli albori del secolo XII l’Ordine dei Canonici Regolari di Santa Croce in Mortara, che aveva già in Genova altre due Case tra cui cospicua quella di Fassolo presso S. Teodoro (1060), istituiva un nuovo Priorato sulla collina prospiciente la spianata del Bisagno denominata Paverano“ 1

Su questa altura, meglio identificabile da una pergamena dell’anno 999 2 con l’antico nome di Papariano, o successivamente nel corso dei secoli con quello di monte Papaliano – denominazione che si ritrova a metà del ‘700 su una mappa della città di Genova – 3  sorgeva un antico castelliere di guardia alla piana del Bisagno a nord, e all’antica via romana in direzione sud.

Nel settembre 1118 papa Gelasio II in fuga verso Marsiglia per sfuggire all’imperatore Enrico V di Franconia, che aveva fatto nominare in sua vece l’antipapa Gregorio VIII, sbarcava a Genova.
Prima della sua ripartenza verso la Francia, avvenuta nell’ottobre dello stesso anno, Gelasio ebbe modo di consacrare solennemente la nuova cattedrale di S. Lorenzo, e la chiesa di S. Giovanni Battista di Paverano, come narra il Federici 4.
La chiesa sorgeva un’area ampia fuori dalle mura della città nella quale si coltivava la vite, si conducevano greggi al pascolo, sorgeva solo qualche abitazione colonica.
In questa zona emergeva il poggio che l’Ordine dei canonici regolari di Santa Croce di Mortara scelse a sede di un suo nuovo Priorato. Nel 1158 chiesa e convento vengono posti sotto la protezione della sede apostolica da papa Adriano IV.
L’Ordine dei Mortariensi si era stabilito da non molto a Genova nella zona occidentale della città. Col tempo si erano sviluppati nel contado una decina di Priorati tra i quali il nostro di S. Giovanni Battista di Paverano, da cui ebbe origine, alcuni anni dopo, anche chiesa e convento di Nostra Signora del Monte, passati poi nella prima metà del 1400 all’ordine dei frati francescani minori tutt’ora presenti in quella sede.

A Genova degli antichi Priorati Mortariensi è rimasto oggi solo il ricordo storico e pochi monumenti d’arte e centri di culto come la chiesa di Santa Maria del Prato.

L’epoca dei Priorati Mortariensi si chiuse, in Genova, al principio del secolo XV, allorché papa Martino V ne annetteva, non senza contrasti, le prepositure alla congregazione dei canonici regolari di Laterano.
San Giovanni di Paverano, nel 1411, passava quindi “in commenda” (istituzione medioevale, consistente nell’affidare un beneficio ecclesiastico vacante, in custodia o in temporanea amministrazione al titolare di un beneficio contiguo) alla famiglia Fieschi 5.

Nel 1442 Papa Eugenio IV cedeva per breve tempo la chiesa e convento ai Canonici Secolari di San Giorgio in Alga. Dopo poco però gli edifici ed i beni annessi tornano nelle mani dei Fieschi e nel 1518 Lorenzo Fieschi, salito alla dignità episcopale, ne lega il frutto, pari a 160 ducati annui, al Collegio per la Cantoria della Cattedrale. 8

Il 29 maggio 1598 la proprietà venne acquistata dal patrizio genovese Bernardo Onza per farne dono alla Compagnia di Gesù come sede del proprio noviziato.
Il complesso di Paverano venne da subito ampliato e ristrutturato, tramite importanti lavori destinati a durare sino ai primi anni del ‘600.

Ma a pochi decenni di distanza questa sistemazione non risultò più funzionale e il 20 agosto 1660 i novizi si trasferirono in Carignano nel palazzo acquistato, grazie al lascito di un altro nobile genovese, Giacomo Filippo Durazzo, presso l’antica chiesa di Santa Maria in Via Lata.

La lontananza dalla città sembra infatti esser stato l’elemento di maggior disagio per la sede di Paverano, mentre quella di Carignano risultava essere più vicina e più sicura in quanto all’interno della cinta muraria, ma egualmente caratterizzata da quel requisito di isolamento e di distacco raccomandato per i luoghi di formazione della Compagnia di Gesù 6.
Paverano restò di conseguenza per anni una semplice sede distaccata ad uso dei novizi, occupata quasi esclusivamente in maniera saltuaria o stagionale.
Una memoria del passaggio dei Gesuiti a Paverano resta grazie all’affresco ancor oggi visibile nell’abside della navata destra della chiesa, raffigurante appunto S. Ignazio di Loyola.

Negli anni della grande peste di Genova il complesso di Paverano, ancora sotto giurisdizione della Compagnia di Gesù, fu trasformato in lazzaretto, non essendo più sufficiente quello principale della Consolazione né l’altro di S. Chiara di Sturla, a raccogliere la grande quantità di sofferenti.
La storia ricorda molti monaci e preti che si erano rinchiusi per servire gli appestati e ne morirono per contagio. Presiedeva il lazzaretto, come Commissario del Magistrato di Sanità il nobile Francesco Spinola, il quale prodigandosi tra gli appestati si ammalò, e morente volle essere sepolto nel “suo” Paverano.

Il 4 dicembre 1687 i Gesuiti cedettero definitivamente per la somma di 30.000 lire il complesso di Paverano all’ordine delle Scuole Pie (i cosiddetti Padri Scolopi) i quali vi installarono il proprio noviziato 7.

Durante la loro permanenza ben 223 religiosi vestirono il sacro abito e formarono la loro preparazione al Paverano. A loro si deve l’educazione e l’istruzione della gioventù, ed il primato in tutta Europa dell’insegnamento popolare e gratuito. Parecchi religiosi assursero a notevole reputazione per dottrina e per doti didattiche e nell’insegnamento universitario.

Nell’anno 1797, la rivoluzione francese arrivava anche a Genova.
Mentre il popolo dava alle fiamme ai piedi dell’albero della libertà in piazza Acquaverde il libro d’oro della Repubblica e le insegne del Doge, il nuovo governo Democratico Ligure, nato per volontà di Napoleone sulle ceneri della Repubblica di Genova, scioglieva gli ordini religiosi e sospendeva in molte chiese le funzioni di culto.

Anche i Padri Scolopi nel 1798 dovettero abbandonare Paverano; la Chiesa fu chiusa e furono soppresse le pratiche di culto. La proprietà del complesso di Paverano passò in mani private e fu adibita ad usi civili,  spogliato di ogni opera d’arte e destinato nel tempo al più squallido abbandono.

Nel progressivo degrado della chiesa rimasero in piedi i muri laterali fino ad una certa altezza, una parte della facciata, l’abside, ed in parte la navata di destra. Superstite del patrimonio artistico di Paverano fu la tela della decollazione di S. Giovanni Battista attribuita al Fiasella, trasferita poi nella Chiesa di S. Margherita a Marassi assieme al quadro raffigurante il Calasanzio ed a una seconda tela in cui il santo sta operando la guarigione miracolosa di una suora. Questi dipinti paiono al momento non più rintracciabili.

Nell’anno 1827 la proprietà di Paverano fu venduta all’asta pubblica.
Il Comune di Genova aveva in progetto fin da inizio secolo la costruzione di un ospizio per i poveri e mendicanti, ma soltanto verso il 1842 si costituì in Comune un sodalizio per raccogliere i fondi necessari per la costruzione di un ricovero di mendicità.
La commissione incaricata prese in esame vari vecchi edifici da convertire allo scopo, e la scelta cadde sul convento di San Giovanni Battista di Paverano

Fatta la ristrutturazione e terminati i lavori nel giugno 1853, l’amministrazione deliberò l’apertura del ricovero “…a pro degli infelici accattoni, che, gementi sotto il peso della miseria, vanno traendo, neghittosi, per le vie della città, una meschina e stentata esistenza…1

Le condizioni di vita dei ricoverati all’interno del Ricovero di Mendicità dovevano essere ben misere se Federico Alizeri già nel 1875 poteva scrivere: “…quivi trecentosessantotto sfortunati, d’ogni età e d’ambo i sessi vivono all’ombra di questo ricovero…” 9

La capienza della struttura si rivelò quindi nel corso del tempo inferiore alle richieste, e di conseguenza il Comune decise l’edificazione di una nuova costruzione nel quartiere della Doria dove, nell’anno 1911 fu trasferito il Ricovero di Mendicità. Il Paverano non cessò di vivere ma aprì le sue porte alle ammalate mentali, provenienti dall’ospedale psichiatrico già sito in via Galata, nel centro di Genova.

Paverano divenne quindi sede della Clinica delle Malattie Nervose e Mentali, diretta dal professor Enrico Morselli ed in un secondo tempo dal professor Ugo Cerletti sino al 1931, anno dell’apertura della nuova Clinica Neuropsichiatrica presso l’Ospedale S. Martino.

Con l’inaugurazione della nuova struttura ospedaliera l’antico complesso del Paverano venne abbandonato dagli universitari e continuò la sua funzione di ricovero di mendicità.

Il 13 marzo 1933 don Luigi Orione firma il compromesso per l’acquisto del complesso di Paverano dove il 1 dicembre gli Orionini entrano ufficialmente.

Durante l’ultimo conflitto, nell’autunno del 194210, la struttura del Paverano venne gravemente danneggiata in seguito ai devastanti bombardamenti che la città di Genova ebbe a subire.
L’attuale aspetto di S. Giovanni Battista è successivo all’ultimo restauro del 2003, durante il quale venne riportato alla luce il colonnato superstite della navata destra, sino a quel momento parzialmente “affogato” in spessi muri di cemento edificati nel periodo post bellico. Tre capitelli superstiti della navata di sinistra sono attualmente conservati presso l’Istituto Doria.
Federico Astengo

 

  • Domenico Isola. “Singulti e Sorrisi” Scuola Tipografica S. Giuseppe Tortona, 1960).
  • Codice Diplomatico del Monastero di Santo Stefano di Genova (vol I anni 965-1200) a Cura di M.Calleri per la Società Ligure di Storia Patria, 2009)
  • “A sout view of the city of Genoa” Thomas Jefferys, Londra, 1746
  • Federico Federici, storico ligure 1570-1647
  • Codice “diversorum” dell’Archivio Generale: “universis et singulis occupantibus Ecclesias Sancti Iohannis da Pavajrano…”.
  • “La storia di Genova attraverso le vicende delle sedi e dei documenti dell’Archivio di Stato.” Atti del convegno internazionale Genova, 7 – 10 giugno 2004. A cura di A. Assini e P. Caroli).
  • Archivio di Stato: Notai antichi, filza 7662, G.B .Borsotti
  • “Don Orione a Genova” SAGEP editrice, 1985
  • Federico Alizeri (1817-1882) in “Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la città di Genova e dintorni” 1875
  • Numero Commemorativo del XXV del Cottolengo, ottobre 1949