Rapporti privilegiati

Niente di eclatante. Li coltiviamo tutti, compresi i soggetti più riservati ed introversi. Maturano fra esseri umani, con gli animali e persino con gli oggetti inanimati. Gli esperti, quelli che sanno tutto, non avrebbero difficoltà a sondarne le origini e seguirne il percorso lungo gli anni, più o meno amari, evidenziando cause di rotture e conciliazione. Siccome noi non abitiamo in questo olimpo, giustamente privilegiato, ci presentiamo con elementi poco approfonditi se non addirittura trasmessi. Il preambolo per scusarci della pretesa di voler contenere Don Aldo Viti in poche righe disadorne, prima che diventino un necrologio, idea prossima al caro sacerdote in quest’ultimo rientro dalla Costa d’Avorio, proditoriamente subito negata dal seguente “mi rimetto in sesto per tornare …”, confortato da progetti non certo da ultima spiaggia.

Nato nel 1923 (17 aprile per i perfezionisti) da padre muratore, prima insegnante ebbe la povertà, come la maggioranza degli italiani dell’epoca. La questua delle vocazioni, lanciata da Don Orione, lo trasferì lontano dalla natia Marche ma, forse per non disorientarlo, fu seguito o trovò ad attenderlo (non ricorda bene come andò) medesimo maestro. Come s’addice al periodo, comandava su tutti, infischiandosene altamente delle personali posizioni in comunità. Anzi, era accolta e trattata con rispetto, tanto da meritare il primo posto fra i voti religiosi. L’ossequio principale proveniva dai sacerdoti per i quali, oltre a rappresentare uno stile di vita, costituiva l’arma più congeniale per andare incontro ai diseredati. Prosaicamente traducevano: ciò che non consumo posso spartirlo. Non correvano dietro lauree o riconoscimenti prestigiosi. Del resto il Fondatore aveva ben delineato il proprio campo d’azione. Altre congregazioni erano attrezzate per soddisfare esigenze diverse.

La lunga passeggiata operativa ha visto il nostro amico prodigarsi in diversi settori, sempre con un rapporto umano profondo ed una costante preferenza per i più poveri. L’ultimo incarico italiano: Direttore Provinciale dell’ex San Benedetto, cioè la nostra. In “gloria” potrebbe pensare qualcuno. Non lui. Per tesorizzare i tempi vuoti collaborava attivamente al nostro bollettino e studiava nuovi modi per estendere all’attenzione delle persone esterne l’attività dell’Opera ed il carisma di Don Orione, per il quale seguì anche l’iter realizzativo della statua che sta davanti alla chiesetta dell’apparizione sul monte Figogna. Come sacerdote era ben corazzato, e lo è tutt’ora. Non ha problemi ad essere e stare coi poveri, tanto, dice: “la Provvidenza interviene sempre”. Chissà se fu questa convinzione a fargli accettare la proposta d’andare in Costa D’Avorio quando già l’età superava abbondantemente il traguardo per godere delle pensioni che lo stato presuppone nostro futuro. Povertà assoluta e malattie le priorità, allora ed oggi. Ed un grazie permanente alla Provvidenza in quel Santuario eretto alla Madonna della Guardia il cui campanile raduna i pellegrini fornendo in contemporanea acqua potabile ai residenti locali.

Il santuario non è la sua casa; però ne è il centro operativo ricco di contatti e di scambi. Non è un mercato, un dare e ricevere, sebbene poi, in effetti, è proprio quanto vi accade. Bambini di due o tre anni che corrono verso il suo confessionale, non certo per scaricarsi dei peccati, ma per una richiesta ben precisa, preceduta da un (furbesco o spontaneo?) “padre mio” che commuove persino le due caramelle. Il giorno del rientro in Italia una quarantina di suoi assistiti si sono riuniti sul piazzale del Santuario per augurargli buon viaggio. Nonostante la foto trasmessaci non sia molto esplicativa, lui ne è rimasto commosso. Traduce letteralmente il francese in italiano ed è convinto l’ultimo rappresenti il sentire comune. Si sta curando perché desidera stare ancora in quel nuovo mondo di poveri e Provvidenza, lasciando, ove possibile, un piccolo esempio. Intanto, per ammazzare il tempo residuo, continua a costruire sogni da realizzare.