STORIA DELLE CASE

Abbazia di San Nicolò del Boschetto

Il complesso dell’Abbazia, che sorge non lontano dalla sponda destra del Polcevera, sulle prime pendici della collina di Coronata, ebbe origine da una cappella costruita nel 1311 dalla famiglia Grimaldi, che ne divenne “patrona”. Nel 1410 venne affidata ai benedettini, sotto la guida del monaco Gioacchino da Pavia, che la trasformarono in chiesa conventuale, cui in seguito fu aggiunto il grande complesso del monastero, che ben presto assunse una certa importanza nella regione. Nel monastero professarono benedettini illustri, tra cui il beato Nicolò di Prussia, e molte tra le maggiori famiglie genovesi fecero cospicue donazioni e lo scelsero come luogo di sepoltura. Qui riposano alcuni dogi, tra cui Luca Grimaldi.
Nel 1533 fu eretto ad abbazia, e subì molte trasformazioni architettoniche fino al 1747 quando le truppe austriache vi stabilirono il comando, saccheggiarono e devastarono, e i monaci si rifugiarono in città portando con sé parte dell’archivio e gli oggetti più preziosi. Ne ripresero possesso ma nel 1810 il complesso fu messo all’asta per gli espropri napoleonici e molti beni furono dispersi. Acquistato dapprima dai Brignole e poi dai Dellepiane, nel 1912 tornò ai benedettini per volontà dell’ing. Francesco Dellepiane, divenuto poi sacerdote.
Nel 1957 fu acquistato dall’Opera Don Orione, che lo acquisì nel 1960 adattando un’ala a “Casa dell’Operaio”, ma già dal 1941 era stato affidato agli Orionini, che dal 1941 al 1943 vi avevano insediato l’Istituto Teologico.
In verità nei suoi chiostri e nelle numerosissime celle spartane hanno trovato ospitalità tanti operai sradicati dal proprio paese per guadagnarsi il pane in una città sconosciuta. Aspettavano con orgoglio il giorno di paga per inviare a casa l’assegno o per accumularlo nel conto per prepararsi una dimora tutta per loro.
Ad oggi il complesso, gestito direttamente dall’Opera don Orione, ospita  attività rivolte a lavoratori trasfertisti, lavoratori indigenti, nuclei familiari in situazione di disagio abitativo, nucleo familiare madre – bambino, genitori separati adulti inseriti in progetti di reinserimento sociale proveniente dal carcere o in pena detentiva alternativa, ragazzi provenienti dall’igiene mentale, rifugiati politici e categorie con problemi alloggiativi non rientranti in patologie legate alla dipendenza ed autonomi nella gestione delle attività quotidiane.

Dal libro: Le mani della Provvidenza