Orionini in cammino nella Chiesa di Papa Francesco

La gioia è un frutto ed è una grazia da chiedere.

Mi ha impressionato un’espressione autobiografica di Don Orione letta ancora in gioventù: “Signore, non son degno, ma ho bisogno della vostra gioia, una gioia casta, una gioia che rapisce, che ci trasporta nella pace, al di sopra di noi stessi e di tutte le cose: immensa gioia! L’anima ha deciso di vincere tutto per ascendere: è la gioia dell’umiltà”. Chissà cosa passava nell’anima di Don Orione! Quante volte nella vita ho fatto anch’io questa preghiera: Signore, ho bisogno della tua gioia più di ogni altra cosa.

La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere (cfr Gv 16,22). Il resto viene. “Le sfide esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la dedizione piena di speranza! Non lasciamoci rubare la forza missionaria!”.

 

Cari Confratelli, il discorso della mia lettera si conclude qui. O meglio, si apre.

Papa Francesco non indica la strada della Chiesa, la sta percorrendo. E noi cosa facciamo? Vogliamo veramente seguire il pastore, anche su strade nuove, o ci accontentiamo dell’applauso che ci lascia dove ci troviamo?

C’è tra noi chi invita alla prudenza: “meglio aspettare”; “l’entusiasmo è grande, ma fino a quando dura?”. C’è il rischio di minimizzare la novità di Francesco; di non vedere che il Vangelo ha incominciato una nuova corsa attraverso il mondo e di rimanere ai margini, in attesa che le cose siano più chiare, che arrivino le riforme promesse, che si vedano i frutti, che si manifestino le prevedibili opposizioni.

Là, nella sala del Sinodo, il 29 novembre scorso, un senso di gioia più che un senso di dovere mi ha portato a chiedermi: “E io cosa devo fare? Come devo cambiare? La Congregazione orionina come può rispondere a Dio che ci ha inviato questo Papa, Francesco?”.

La risposta non è certo in queste pagine che pure ho cercato di scrivere con cura.

Prima ancora di elaborare una risposta ben pensata e organizzata, in preghiera, ho inteso una voce dal Cielo suggerire imperiosamente: «Molto! Devi cambiare molto». Poi ho visto un volto nel Cielo, con due grandi occhi e il sorriso perenne, che aggiungeva: “Io ho votato per lui, in Cielo, nel giorno del mio dies natalis. Lo sapevo. Conosco bene l’America Latina e sapevo chi vi arrivava da laggiù. Adesso però svegliatevi voi”.