Orionini in cammino nella Chiesa di Papa Francesco

Una volta, un dirigente sindacale mi raccontò che, ai 22 anni, passò per una crisi di alcolismo, una crisi depressiva che lo portò all’alcolismo. Viveva solo con sua madre vedova, molto umile. Lui lavorava ma, quando beveva, al mattino restava addormentato e non andava lavorare alla fabbrica. Sua madre lavorava come lavandaia. In quell’epoca non c’erano lavatrici o erano rare, la roba si lavava a mano, nelle case. Mi diceva che lui, quando al mattino stava ancora con la conseguenza dell’ubriachezza, vedeva che sua mamma si era alzata, passava per la sua stanza prima di uscire e lo guardava di un modo, senza dirle niente, e usciva. Lo guardava con tenerezza. Quest’uomo non riuscì a resistere alla tenerezza di sua madre e cambiò vita. Lo raccontò lui stesso. Oggi è una persona importante, un dirigente operaio importante.

Bisogna arrivare alla tenerezza, a questa maniera di guardare al fratello causa di conflitto. La carità nostra deve arrivare fino a questa dimensione che direi quasi materna della tenerezza.

La fraternità è qualcosa di molto delicato, molto delicato.

Ricordo una frase dell’inno della festa di San Giuseppe, l’inno dell’ufficio delle letture, nel testo argentino, che mi arrivava molto dentro il cuore. Parlava di come trattare, di come San Giuseppe trattava la sua famiglia e diceva che San Giuseppe trattava la sua famiglia con “ternura de eucaristia” (tenerezza eucaristica). È una forma poetica: trattare i propri fratelli con “ternura de eucaristia”, l’umano e il sacro sono uniti. È un’immagine molto forte che ci può aiutare.

Dunque, non avere paura del conflitto, affrontare il conflitto, risolvere il conflitto, accompagnare il conflitto, accarezzare il conflitto… accompagnare”.

Sono state poste al Papa alcune domande su questioni particolari. Circa l’accesso dei religiosi fratelli nei ruoli di superiori nelle congregazioni clericali, ha risposto che si tratta di un tema canonico che deve essere affrontato a quel livello.

Sulle relazioni tra i religiosi e i Vescovi, le Diocesi nelle quali essi sono inseriti, ha detto che è un punto critico. Ha affermato di conoscere per esperienza i problemi possibili, sia a motivo dei religiosi che dei Vescovi. “I carismi dei vari Istituti vanno rispettati e promossi perché c’è bisogno di essi nelle diocesi. Noi vescovi – ha detto – dobbiamo capire che le persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono portatori di carismi che arricchiscono le Diocesi”.

Le ultime domande a Papa Francesco hanno riguardato le frontiere della missione dei consacrati. “Quali frontiere, quali periferie indica ai religiosi, oggi?”. “Ciascun Istituto deve andare alle frontiere cercate sulla base del proprio carisma”, ha risposto. Il carisma dà sensibilità e priorità differenti, ma quel che conta è che tutti andiate alle periferie.

Sono state molto semplici e non convenzionali anche le parole finali di ringraziamento di Papa Francesco. Guardando l’orologio alle 12.35, ha sospirato: “Il mio amore per voi giunge fin qui, perché alle 13 ho un altro appuntamento, con il dentista”. Egli stesso e tutti noi con lui ci siamo sciolti in un sorriso divertito. Poi ha proseguito: “Vi ringrazio per il vostro spirito di fede. Vi ringrazio per avere avuto la possibilità di condividere il mio servizio con voi e per la condivisione. Questo fa molto bene a tutti. Grazie per quello che fate. Grazie per la testimonianza. Grazie per i martiri che donate continuamente alla Chiesa. Grazie anche per le umiliazioni per le quali dovete passare a causa di difetti, di insuccessi, e grazie perché le assumete bene; è un cammino per il quale bisogna passare. Grazie di cuore”.