Santità per tutti
La bellezza della santità cristiana è proprio la sua ampia varietà. Giovanni Paolo II ha detto che la santità è la misura alta della vita cristiana.
Si può seguire Cristo nella vocazione religiosa o in quella matrimoniale, si può seguire Cristo nel chiuso di un convento come nell’attività più frenetica, correndo dalla mattina alla sera. Si può seguire Cristo prevalentemente nella preghiera e nella contemplazione così come interessandosi dei problemi più materiali che toccano le persone.
Qual è la via migliore? Quella che il Signore stesso fa intuire a ciascuno. Nessuna è in opposizione all’altra.
Il monaco di clausura pur ritirato dal mondo non vivrà fuori dal mondo, disinteressato di tutto, ma nella preghiera presenterà a Dio le necessità del nostro mondo, secondo gli avvenimenti di ogni giorno.
Chi corre dalla mattina alla sera svolgendo la sua attività per il bene degli altri, sentirà ugualmente Dio accanto a sé, manterrà viva la sua intimità con Dio e troverà altri spazi per la preghiera e la contemplazione.
Anche durante le cosiddette ferie quante occasioni ci possono essere in questo senso, quante esperienze valide di spiritualità per ricaricarsi l’anima. L’importante è che ognuno ricordi che la sua fede vive se affonda le radici nel contatto personale voluto e cercato con Dio come esigenza vitale e fondamentale.
Cioè Dio visto come bene assoluto, che ha la precedenza su ogni altro impegno e interesse, Dio alla base di ogni scelta. Sono le esigenze della sequela di Gesù, esigenze di priorità assoluta che Gesù rivendica nei suoi confronti con forza e senza compromessi.
Nel vangelo leggiamo espressioni forti come queste: “mentre camminavano per la strada, diretti a Gerusalemme, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro ancora disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio»”.
Sono esigenze che valgono per tutti, per ogni tipo di vocazione. Valgono per chi è chiamato al sacerdozio o alla vita religiosa ( anche in questa via quanto è facile cadere nell’efficientismo, credersi a posto se si sono realizzate molte iniziative esterne ma dove Dio c’entra poco) e valgono per chi è chiamato al matrimonio e all’impegno nel mondo. Quale posto pensiamo debba avere Dio? Prima la famiglia, l’amore del coniuge e dei figli, dopo, se rimane tempo, l’amore di Dio? Ma non è quello che dice Gesù nel vangelo. L’amore autentico di Dio non è mai in opposizione all’amore umano, ma non sopporta neanche che venga sopraffatto o annullato da un amore terreno per quanto bello. Se nella pratica entrano in conflitto c’è qualcosa che non va o che non è stato capito o si è impostato male.
Il discepolo è chiamato a relativizzare tutte le realtà umane per porre al centro della sua vita la scelta e l’ascolto di Dio. Questo l’insegnamento del vangelo.
Le varie espressioni usate e i modi di dire potranno anche non essere prese alla lettera, è vero, ma non potranno neanche essere ridotte a semplici parole. Bisogna essere decisi nel seguire Gesù, nel vivere la propria fede, essere tutto d’un pezzo, senza incostanze.
E questo fa fatica nei tempi odierni, perché la cultura e la mentalità oggi porta a rimandare sempre più in là le decisioni che contano, il non volersi prendere impegni per il futuro, vivere nell’oggi, finché mi va, finché ne ho voglia. Non chiedermi oggi se parteciperò a quella iniziativa che sarà fra un mese perché non so cosa potrà succedere, se ne avrò ancora voglia. Anche nelle cose più minute è questo oggi lo stile.
Si vive molto di emozioni e basta. Anche in campo religioso si possono fare tante esperienze, l’importante è non scegliere mai, mai lasciarsi catturare da qualcuno o qualcosa.
Invece per seguire lui, dice Gesù, bisogna essere persone forti, non deboli e indecisi, un po’ si e un po’ no. D’altronde Gesù mentre parla così sta andando a Gerusalemme, incontro alla sua morte, e ci sta andando con molta decisione.
Lui non offre a nessuno alcuna sicurezza umana o vantaggio, non ha dove poggiare il capo, offre però una grande libertà da ogni attaccamento o impedimento terreno.
San Paolo ad un certo punto della sua vita dice di aver capito che la libertà dello spirito che lui ha acquisito è in contrapposizione alla vita secondo la carne. La carne è la semplice natura umana senza la forza dello spirito di Dio. La libertà dello spirito, che è quella che anche noi dobbiamo cercare e invocare, è quella che va oltre il semplice buon senso umano, che se non è aiutato dalla Grazia di Dio, non è in grado di comprendere le cose di Dio.
d.g.m.