A proposito di Misericordia e Giubileo

C’è una frase  in particolare che mi ha colpito  nell’omelia del Papa il giorno di Natale, che il mondo oggi è duro con i peccatori e molle con il peccato.

Non mi meraviglia. Forse perché si pretende sempre più dagli altri che non da noi  stessi. Eccome se si pretende che siano integerrimi per esempio gli uomini di chiesa o della politica soprattutto in campo morale ed economico. Poi a livello personale spesso ci si lascia andare a comportamenti  che certo non si possono definire onesti al cento per cento. Quanti sotterfugi nella pratica e negli affari. Difficile essere persone tutte d’un pezzo.

Non è questo il senso della Misericordia proclamata dal Papa in questo Giubileo del 2016. Dio non è un bonaccione cui va bene tutto, che sopporta ogni comportamento, che vuol sempre bene e lascia fare a tutti ciò che vogliono. Il suo intervento di misericordia invece è sempre terapeutico, come suggerisce il biblista Don Claudio Doglio, tende sempre a guarire la persona peccatrice.

Sarebbe addirittura un’idea dannosa quella di un Dio lassista, perché un Dio incoerente,  che  dà delle indicazioni e poi lascia correre come se quelle indicazioni fossero inutili. Se di fronte alle trasgressioni dei figli i genitori dicessero che va bene lo stesso allora perché hanno indicato certe regole? Se vivere in un certo modo è il nostro bene, lasciar correre non è il nostro  bene. E’ sbagliato pensare che la misericordia di Dio corrisponda a una indifferenza tollerante.

Invece è proprio il contrario, Dio vede la nostra miseria e interviene per renderci capaci di fare quello che dobbiamo. La misericordia di Dio è operativa, è curativa. La misericordia è una terapia. E’ la bontà che cura. Un buon medico fa misericordia quando interviene operativamente, per curare, per guarire, per cambiare la situazione, anche se la cura può essere fastidiosa, dolorosa, impegnativa.

Ecco perché è sempre necessaria la volontà di conversione, i tentativi sempre ripetuti di cambiare e migliorarsi. Passare la Porta Santa è il segno di questa conversione, che si traduce nella confessione dei propri peccati, nella preghiera e nelle opere concrete di bontà e misericordia. Perché proprio noi  che riconosciamo di essere stati  salvati dalla misericordia diventiamo imitatori di Dio facendo misericordia, diventiamo a nostra volta operatori di misericordia, per il bene nostro e degli altri.

Mi piace riportare allora anche alcune riflessioni che su questo punto ha espresso il nostro Arcivescovo il Cardinale Bagnasco aprendo la porta santa della Cattedrale di San Lorenzo.

“La misericordia – cuore del Giubileo voluto dal Santo Padre – non è un sentimento vago, un contenitore vuoto da riempire di emozioni e slanci passeggeri, ma è il cuore di Dio, il suo amore che si rivela come assoluta fedeltà agli uomini. È questa la prima cosa che la Bibbia dice: la misericordia è l’amore fedele di Dio, una fedeltà che non riposa sui nostri meriti ma sulla sua Parola. Per questa ragione nasce in noi la sicurezza e la stabilità, la capacità di rialzarci e guardare al domani, sapendo che quando la nostra debolezza lacrima e grida verso il Cielo, essa diventa il luogo del Dio forte e misericordioso.”

E poi ci sono alcune indicazioni pratiche adatte a tutti, prese dalla vita quotidiana delle persone, un gesto, un sorriso, una parola di perdono, una visita, una telefonata, un servizio, un ascolto.

“Oh se il Giubileo – ogni volta che varchiamo, soli o insieme, la Santa Porta – crescesse in noi la nostalgia della luce, del bene, di una vita migliore, della conversione! Se ogni volta – sullo schermo dell’anima – apparisse la nostra vita e nascesse la decisione di una confessione forse sempre rimandata, della preghiera quotidiana, di una nuova vita spirituale, della fedeltà alla Messa! Se nascessero propositi di bontà e di pace, di misericordia e di giustizia. Ci sono sicuramente gesti e opere che attendono proprio noi, ciascuno di noi, per prendere forma e diventare rugiada di ristoro e di vita per i poveri che attendono un gesto, un sorriso, una parola di riconciliazione, forse dopo anni di distanza e di rancore! Una visita, un dono, una telefonata, un servizio, una disponibilità ad ascoltare chi vive nel dubbio o nella paura, la condivisione di una pena, la pietà per i defunti … innumerevoli sono le espressioni di quella  misericordia che nasce da Dio e che ci sospinge verso i fratelli: sì, veramente non possiamo essere misericordiosi se non siamo “misericordiati”!”

Un altro spunto  di meditazione ci può essere dato anche  dalla comprensione del Logo che caratterizza questo anno giubilare, e proposto qui a fianco.

Il logo – opera del gesuita Padre Marko I. Rupnik – mostra  il Figlio che si carica sulle spalle l’uomo smarrito, recuperando un’immagine molto cara alla Chiesa  antica. Il disegno è realizzato in modo tale da far emergere che il Buon Pastore tocca in profondità la carne dell’uomo, e lo fa con amore tale da cambiargli la vita. Un particolare, inoltre, non può sfuggire: il Buon Pastore con estrema misericordia carica su di sé l’umanità, ma i suoi occhi si confondono con quelli dell’uomo. Cristo vede con l’occhio di Adamo e questi con l’occhio di Cristo. Ogni uomo scopre così in Cristo, nuovo Adamo, la propria umanità e il futuro che lo attende, contemplando nel Suo sguardo l’amore del Padre.

 La scena si colloca all’interno della mandorla, anch’essa figura cara all’iconografia antica e medioevale che richiama la compresenza delle due nature, divina e umana, in Cristo. I tre ovali concentrici, di colore progressivamente più chiaro verso l’esterno, suggeriscono il movimento di Cristo che porta l’uomo fuori dalla notte del peccato e della morte. D’altra parte, la profondità del colore più scuro suggerisce anche l’imperscrutabilità dell’amore del Padre che tutto perdona.

Buon Giubileo a tutti i nostri amici del Piccolo Cottolengo Genovese, un luogo di sofferenza umana ma dove si sperimenta anche tutta la misericordia di Dio e la sua bontà e dove è possibile ricambiarla con piccoli gesti e qualche visita ai malati. Anche qui al Paverano sarà possibile vivere il Giubileo per i nostri malati e i loro accompagnatori,  secondo tempi e modalità che verranno presentate più avanti.

d.g.m.