Don Aldo Viti a Paverano

E più precisamente al Piccolo Cottolengo di Paverano. Chi lo conosce, anche semplicemente da queste nostre povere pagine a cui ha collaborato per un lungo periodo con capacità e talento, sa della sua veneranda età e della ormai lunga presenza missionaria in Costa D’Avorio a cui non vorrebbe rinunciare. Torna annualmente per cure e riposo, quantunque gli pesi il dolce far niente, per mesi. Che poi, a ben guardare, si dà d’attorno a procurare qualcosa per i suoi protetti di laggiù, in specie per i bambini.

C’è un legame profondo che unisce, in genere, il “benefattore” al “povero”. Non solo di gratitudine, comprensibile, ma anche imitativo. Chi ci toglie dalle angustie acquista le vesti del “buono” diventando maestro di vita, esempio. Per Don Aldo è stato Don Orione, come per tantissimi altri, non necessariamente solo in ambito religioso. Sembrerebbe quasi che la povertà stimoli a rivalutare la bontà, espressione profonda della umanità. Nel nostro ambiente questi soggetti, sia che diano o ricevano, sono considerati i “nostri”, frutti di una umiltà amica e madre di ogni condizione di vita.

Quanto al desiderio di Don Aldo di spegnersi in pace fra i suoi poveri, pur rispettandone l’intento umanitario, ricorderei all’interessato una discussione a più voci su quale voto religioso cadessero le maggiori difficoltà fra castità, povertà, obbedienza. Il clima vacanziero di Sassello, oltre una ventina d’anni fa, ci suggeriva questi ed altri argomenti “lievi”. Fummo i soli ad incriminare l’obbedienza. Ricordi, Don Aldo? Allora mi difendesti dagli attacchi dei miei simili, laici. Fai pure tutto ciò che vuoi, finché le residue forze te lo consentono, ma poi arrenditi. Del resto non è detto le nostre scelte siano sempre le migliori. Prova ne sia il tuo reiterato rientro in Italia in pieno inverno, per goderti poi la torrida estate ivoriana.