Ecco l’Agnello di Dio

Subito dopo il battesimo al Giordano, è sempre Giovanni Battista che si incarica di dare una rivelazione piena della persona di Gesù, il suo venire verso di lui e nel mondo intero.
“Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, dice. C’è una situazione di peccato da cui siamo incapaci di uscire da soli se qualcuno dall’esterno non ci dà una mano.
È la professione di fede fatta da Giovanni Battista, ma è ormai la fede di tutta la Chiesa fin da quando è scritto il vangelo.
Agnello di Dio fa riferimento all’agnello che ogni giorno nel tempio veniva sacrificato in espiazione dei peccati di tutto il popolo. C’è sullo sfondo soprattutto l’agnello pasquale che ha salvato il popolo dalla schiavitù egiziana, e si riferisce ancora alla figura del Servo di Jahvè descritto dal profeta Isaia come un agnello innocente condotto al macello.
L’agnello rimane ormai il simbolo di una obbedienza e di un amore che va fino alla croce, l’immagine di Cristo servo di Dio che è innocente ma che si fa solidale con i peccatori, pagando per loro, prendendo su di sè le conseguenze del peccato che è di tutti.
Il verbo togliere, o portare su di sé come bisognerebbe tradurre il verbo dal latino, fa riferimento all’esperienza del perdono dei peccati, centrale sia nella tradizione ebraica che poi in quella cristiana. Il perdono dei peccati è vissuto come il dono grande di Dio all’uomo nella sua debolezza e infedeltà, il dono cioè di poter sempre riprendere da capo una relazione nuova e vitale con Dio e anche con tutte le persone attorno. È il dono di non essere fissati per sempre nelle proprie colpe, condizionati per sempre dal peccato commesso. Questo era l’insegnamento ed è il frutto dell’anno del Giubileo della Misericordia appena concluso.
In realtà però il titolo attribuito dal Battista a Gesù parla al singolare, parla di peccato, il peccato del mondo. Dietro a questa formula è indicata la condizione di peccato in cui tutti ci troviamo immersi fin dalla nascita. In altre parole questo peccato è la lontananza da Dio, l’incapacità di una relazione buona con Dio, l’incapacità di venirne fuori da soli. Naturalmente questo peccato del mondo è alimentato continuamente dai nostri peccati personali che poi influiscono anche sulle persone vicine e lontane e sull’ambiente tutto. In questo senso il primo peccato di Adamo non è che il primo di una lunga catena, il primo di molti altri. Non possiamo addossare tutto ai nostri progenitori.
C’è una distorsione della libertà umana che tocca il profondo dell’animo, e solo rivolgendoci a Lui , solo se interviene Lui, noi possiamo essere liberati dal peccato fatto, non solo, ma anche essere più pronti e più forti di prima, capaci di resistere ad ogni proposta o tentazione di ribellione o autonomia.
Se è giusto lottare per una maggiore giustizia, per il rispetto dei diritti di ogni uomo e di ogni donna come si fa in questi giorni, tutto questo sarà possibile solo quando il cuore dell’uomo è sano, e solo Lui può guarirlo se a Lui ci si rivolge con fiducia. Non bastano le leggi approvate da un Parlamento per quanto autorevole.
Giovanni Battista presenta ancora Gesù come colui che pur venendo dopo in realtà era prima di lui. Dice che è superiore a lui e che il Battesimo vero sarà quello che darà Gesù con l’opera dello Spirito Santo. Questo è detto soprattutto per i discepoli di Giovanni e per quelli che anche dopo la sua morte volevano nostalgicamente rimanere attaccati a lui, senza comprendere che la salvezza di Dio passava unicamente attraverso il Messia Gesù.
È il richiamo per noi a scoprire Cristo come l’Assoluto, il riferimento unico, costante e vivo nella vita.
In un tempo come l’attuale, caratterizzato da molta frammentazione in cui molteplici e pluraliste sono le offerte di salvezza, la relazione con lui è il criterio fondamentale per il credente, che non riconosce ad altri o ad altro pari autorevolezza sulla propria esistenza.
La storia ha visto avvicendarsi nei secoli molte figure di liberatori, che però spesso hanno lasciato dietro di sé solo lacrime e sangue. Liberatori o sfruttatori? C’è uno solo che si propone come liberatore pagando lui di persona, addossandosi lui le conseguenze nefaste del male. L’unico che vuole il bene degli uomini, anche quando propone ideali esigenti.
Così il cristiano si sente libero, perché su di lui fonda la sua libertà nei confronti di ogni altra potenza che pretenda il suo asservimento acritico.
Gesù Cristo trasmette a noi quella relazione unica e speciale che aveva con Dio, quella intimità che lo legava come figlio al Padre, sentito come Abbà, cioè quella tenerezza e familiarità propria dei bambini nei confronti del loro papà. Una relazione che lui non tiene in esclusiva per sé, ma che nel battesimo trasmette anche a noi, che ci fa superare quell’idea di un Dio lontano e giudice, che ancora ogni tanto fa capolino nella nostra mente.
In Gesù Cristo è Dio stesso che ci abbraccia in quella intimità che lui ci ha reso accessibile.
d.g.m.