La fede pasquale di Tommaso e nostra

Figura tipica dei giorni di Pasqua è senz’altro l’apostolo Tommaso con la sua voglia di vedere e toccare i segni della passione. Ci rappresenta tutti nel desiderio di credere ma anche nel pretendere qualche garanzia per non restare ancora una volta delusi.
I dubbi di Tommaso ci aiutano a capire meglio la fede, a evitare l’abbaglio di ritenere la fede facile, scontata, immediata. Un fatto acquisito una volta per sempre.
Anche la fede non è un regalo bello e pronto, ma è un approdo, un cammino, una fede che cresce , si approfondisce e si irrobustisce lungo la vita, anche attraverso le crisi e le prove. E se si trascura può anche venir meno. E’ così che si diventa adulti e maturi nella fede.
L’episodio di Gesù che si mostra agli apostoli e poi ancora dopo otto giorni presente anche Tommaso ci fa capire  quanto sia decisiva la testimonianza degli apostoli: un punto di passaggio obbligatorio per ogni credente. La nostra è anche una fede apostolica perché poggia su coloro che hanno visto e toccato, mentre noi dobbiamo credere senza aver visto. Ma nello stesso tempo ci mostra come sono le parole e la testimonianza stessa degli apostoli a spingerci a fare un’esperienza personale del Signore, a fare un cammino  di ricerca, di approfondimento  e anche di esperienza di vita. Ad un certo punto non basta più la loro testimonianza ma deve diventare la mia fede. Ognuno deve giungere alla sua fede , alla sua misura personale che sarà sempre diversa da quella degli altri.
La fede fa sempre appello alla nostra libertà e al nostro amore, alla nostra generosità e genuinità interiore, senza tante contaminazioni e complicazioni che ci vengono dall’esterno. Purtroppo sappiamo come i condizionamenti dell’ambiente o della famiglia giochino un ruolo molto serio, da cui non è facile distaccarsi. Ma per fortuna questo aspetto ha anche i suoi molti lati positivi. A quante persone davvero dobbiamo dire grazie per la nostra fede!
Ma dice Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”.  Sì la fede non è tanto affermazione di alcune verità, ma rapporto personale, unico con il Signore; e quindi non mi posso confrontare troppo con l’esperienza degli altri perché ognuno ha il suo cammino e le sue esperienze, i suoi aiuti e i suoi contrasti, ciò che l’hanno favorito  e ciò che l’hanno ostacolato nel cammino di fede. Per cui alla fine è come per Tommaso: mio Signore e mio Dio. Notiamo, non il Signore generico, degli altri, di tutti, ma il mio Signore, il Signore che ho incontrato io  e di cui faccio esperienza io, anche se altri mi possono aver aiutato o ostacolato in qualche maniera.
Infine c’è il lato del vedere e del toccare . Un bisogno innato in noi esseri anche materiali, che non mancherà di affiorare nel percorso di ogni credente. E’ la tentazione del vedere e del toccare fisicamente, con l’illusione di essersi assicurati in questo modo il contatto con Dio. E’ la tentazione del biblico vitello d’oro che può insidiare anche la fede cristiana quando le statue o gli oggetti sacri diventassero  un idolo al posto del vero Dio e non semplicemente un segno della fede interiore matura.
La conclusione è questa allora: proprio perché è relazione personale, rapporto con Dio e non atto magico, la fede esige cura e attenzione, ha bisogno di essere nutrita e rafforzata, esattamente come avviene in un rapporto di amicizia. Se non ci si sente mai, o non ci si incontra mai, che amicizia è?
Gli Atti degli Apostoli, proposti non a caso dalla liturgia nel periodo pasquale, mostrano quali sono i fondamenti della comunità cristiana, i fondamentali della fede, diremo oggi, quei pilastri che rappresentano ed esprimono la vivezza e fecondità della fede, se c’è o non c’è,  ma anche la sorgente cui attingere per mantenerla  viva.
Solo per accenno, questi fondamenti sono: 1) l’ascolto costante dell’insegnamento degli Apostoli che ci garantiscono l’autenticità dell’incontro con il Signore, evitando interpretazioni personali false o troppo accomodanti della Parola di Dio. Solo rimanendo all’interno dell’interpretazione apostolica  è autentica la fede cristiana, che è appunto fede apostolica.
2) Poi c’è lo spirito fraterno, la comunione tra i discepoli, che deve essere visibile anche esteriormente, che si deve realizzare  in una condivisione pratica e concreta  anche all’infuori del momento liturgico. Nessuno può essere uno scalatore solitario ma appartiene a un popolo e può e deve contare sul sostegno dei fratelli di fede.
3) In modo speciale c’è la frazione del pane, così come chiamavano i primo cristiani la partecipazione all’Eucarestia. L’Eucarestia è il dono che Gesù ha fatto di sé, del suo sacrificio sulla croce. Il suo corpo e il suo sangue sono il cibo che sostiene ogni discepolo nel suo cammino e nella sua testimonianza quotidiana.
Non potrebbe essere diversamente, non si sostiene la propria fede non cibandoci di Lui, non partecipando all’Eucarestia.
Solo così il grande dono della fede porta frutto nella esistenza di ogni discepolo.
d.g.m.