Flagranza di reato

Potrebbe apparire tale la pretesa di chi, caratterialmente chiuso, non solo prova ad aprire piccoli varchi di dialogo con l’animato contorno quotidiano, sorretto forse da buone intenzioni, ma inesorabilmente invadente, petulante, pretenzioso. Sono termini miei, neanche tanto pesanti. Non incide su di essa l’assidua frequentazione dei libri che mi salvano dal bailamme tipico dei treni, confuso, dai toni altissimi, quasi le comunicazioni fossero dirette all’iperspazio, invece che alla persona accanto e all’amica, via cellulare. Non so come abbia fatto ad acquisire una serie di saluti mattutini e serali. Forse qualche volta sono stato meno misogino, e da qui il “guaio”. Per fortuna siamo fotocopia: un saluto ed un sorriso, raramente un commento – mai positivo – sul funzionamento del nostro inaffidabile mezzo di trasporto, al quale comunque restiamo ancorati. Non so  niente di queste persone, sebbene ne riconosca il timbro della voce, il respiro e persino lo scalpiccio. Ad essere onesto devo ammettere di non averne incontrata alcuna in tre o quattro occasioni. Galeotti furono i libri a dirottarmi in lidi diversi e, per uno, addirittura sconosciuto, con grave disagio personale, comunque quisquiglia a confronto della tragedia casalinga. Aggiungo i saluti, sorrisi, gesti lungo il tragitto “pedibus calcantibus” solo per dare un’idea della mia nefandezza.

Or dunque, attraversato il Bisagno, normalmente asciutto per buona parte dell’anno, eccomi al Piccolo Cottolengo dove costituisco l’arredamento, il mobilio, come delicatamente evidenziato da qualche amabile cooperatore. Si deve trattare di mobili vetusti, e non solo per la mia età. Infatti ho un sacco di visite e molte non mi riguardano. E’ come se venissero per visitare un museo, una pinacoteca, dove il pregio più evidente è la vecchiaia dei manufatti. Ho pure degli spazi riservati a singole persone, un minuscolo deposito bagagli a rifornimento giornaliero. È tale l’abitudine che spesso neppure ci vediamo. Facendo cilecca la memoria, mi risulta difficile ricordare cosa non mi abbiano mai chiesto. A suffragio della modestia devo tuttavia desumere qualcosa ci sia stato. Grande interesse investe il settore finanziario, a partire dal centesimo, in una sorta di cambio alternato ritenuto soddisfacente, a giudicare dalle visite. Ero a questo punto del mio dire quando l’ineffabile Angiolina, spremendo un duro “posso sedermi?” a cose fatte, venne colpita da una poco accogliente “basta non parli”. Forse aveva immaginato mi riferissi alla possibilità di dialogo, considerato quanto facevo, ma non è molto attendibile. Tuttavia il fatto avesse cominciato a parlare tra sé con gli stessi toni del treno concede uno spiraglio di dubbio.

Nella posizione di “antiquario” e abbandonata l’idea dei francobolli, relegati ormai a quando non avrò proprio più nulla da fare, mi è rimasta la conta delle centenarie, rigorosamente vive. Sono una ventina, ma è un mercato vivace, sia in entrata che in uscita. La lista preferita è però quella che, a buon diritto, potrebbe titolarsi col mio nome, se fossi così stupido da barattare la quiete con una incerta vanagloria. Essa tiene conto delle ospiti (allora rigorosamente femmine) entrate a Paverano prima di me. Sono rimaste in 26 e buona parte le vedo giornalmente, mantenendo con ciascuna un rapporto affabile, almeno quanto le nostre condizioni ci concedono. Anche di questo bisogna tener conto. Ricordo che di una suora si diceva (non faccio nomi per non farla inorgoglire in paradiso), dopo aver retto  per decenni il reparto delle Buona Figlie, avesse ormai incarnato in sé le problematiche delle proprie ospiti, al punto da non potersi distinguere dalle stesse. Ed era vero. Io non sono a questi livelli, non ho un rapporto continuato e intenso come la buona suora, ma non posso certo, in onestà, fornire un quadro preciso del mio stato mentale. Spero, se avrete sentore della mia identità, un’eventuale richiesta in tal senso venga rivolta a soggetto non di parte, a difesa del vero, quello oggettivo.

Nel bollettino precedente abbiamo pubblicato un articolo sui cani e sul loro utilizzo in campo pseudo sanitario. Le persone che hanno collaborato hanno, tutte, signore lauree. Non posso competere con l’esercito di lucertole e formiche in perenne battaglia sul mio terrazzo e i volatili in picchiata, fatto salvo un periodo invernale. Spero tuttavia mi concediate un breve pensiero, se volete un tantino viziato dalle condizioni mentali dubbie, senza ulteriori indagini. Una volta era riconosciuta l’evidente superiorità dell’intelligenza umana sugli altri animali. Oggi, mentre si approfondisce, un po’ meno, ma l’assunto è ancora valido. Non vi viene spontaneo chiedervi come mai le attenzioni che dedichiamo agli animali siano assai più consistenti di quelle riservate ai nostri simili, rei per disgrazia e non per dolo personale d’un poco di comprendonio o di qualche malformazione? Per chiudere, e non solo per suscitare un sorriso, vi invito a pesare la domanda a cui vorrei rispondere: “Perché do per scontata la loro amicizia?”. Non sono bestioline!