Gli inizi del Piccolo Cottolengo Genovese

Il 1 marzo del 1924 Don Orione aprì a Genova, in uno stabile in via del Camoscio, il primo nucleo del Piccolo Cottolengo Genovese: un’“umile Casa di carità che fosse come un ricovero di pronto soccorso pei casi più urgenti e più pietosi”, aveva detto Don Orione ai benefattori genovesi nel primo anniversario dell’apertura della casa. A questa prima sede si aggiunse presto un secondo nucleo situato a Quezzi dove fu collocata, sempre secondo le parole del sacerdote, “la raccolta di quelle povere figlie inclinate alla tisi che formano una famigliola del Cottolengo a sé, data la natura del loro male”. Due case di carità, quindi, che scaturivano direttamente dalla generosità dei genovesi, nei confronti dei quali Don Orione ebbe più volte parole di stima (in una sua lettera dichiara: “Io conosco il vostro cuore, il cuore dei Genovesi, che, nella scorza par rude, talora, ma è cuore più grande del mare”).

E nel numero di questi benefattori si inserisce presto Angela Solari.

“Non sanno che io porto il Piccolo Cottolengo nel cuore, ci penso ad ogni batter d’orologio ed anche più, e porto il Piccolo Cottolengo sull’altare ogni giorno con me. E prego, e anche alla notte svelgiandomi penso ai nostri poveri ed ai nostri benefattori e cerco di pregare per tutti. E nostro Signore mi pare mi faccia sentire il respiro delle nostre care poverelle e nella sua miserivordia mi fa pur sentire e vedere i mali umori e altro. Anche questa è un’ora di prova, prendiamola dalla mano di Dio benedetta, e baciamo in ispirito la terra dove mettono i piedi quelle persone che (credendo certo di far bene) gettano tante lamentele in giro e fin la zizzania. È l’ora di pregare di più, di tacere, di adorare la Santa Volontà di Dio, e di portare con più grande amore e fede la croce di Gesù Crocifisso. Niente paura, niente timore, niente perderci di fede, ma coraggio ed animo grande, che Dio è con noi e con i suoi cari poveri e con tutti i più abbandonati”.

“Se pensiamo a quello che ha patito il Signore, i nostri dolori sono rose e fiori: Deo gratias! Io vedo in queste prove dolorose che il Piccolo Cottolengo di Genova si può dire che attraversa dal giorno che è nato, (non ho mai detto queste cose a nessuno e desidero che rimangano a Lei: del resto Ella avrà ben capito più che non le abbia mai detto) vedo dico, una nota e garanzia che esso è opera di Dio. E mi conforto, e pongo ogni foducia e confidenza nel Signore, prego per quelli che ci fanno del male; e desidero ardentemente di patire e se fosse possibile, di morire per Gesù Cristo e per i nostri cari poveri del Piccolo Cottolengo. Ma presto il Signore ci consolerà”.

L’occasione per acquistare un nuovo stabile arriva nel 1933, quando la Giunta Provinciale di Genova dichiara inadeguato lo stabile del Paverano, che fungeva da manicomio femminile, e lo mette in vendita. Alla notizia la Queirolo, insieme ad altri, suggerisce a Don Orione l’acquisto e per questo fine gli dona subito un milione.

Il ‘33 perciò è l’anno della svolta e il mese di febbraio è il periodo cruciale per le trattative con la Provincia di Genova: nell’arco di pochi giorni il sacerdote invia alla Solari tre lettere e proprio in una di queste è contenuta la prima mezione del Paverano. Si tratta di un momento assai delicato in cui non mancano contrarietà ed aperte ostilità, che inducono Don Orione a stare lontano da Genova; così dice a proposito della sua lontananza:

È un bene che per ora io non ci sia, perché dopo di me poi, non c’è più nessuno: interverrò dopo”. Egli sceglie Roma come base per dirigere le operazioni d’acquisto e si serve di alcuni intermediari: Don Sterpi, probabilmente a Tortona, e insieme a lui il Rag. Sciaccaluga, che si trova a Genova; ad essi il non facile compito di trattare con i referenti della Provincia: il Presidente Gardini e il Comm. Badano.

“Quanto al Paverano di Genova – aperto il 1 novembre – noteremo che il Servo di Dio Don Orione volle che l’atto di acquisto – cedendoglielo la Amministrazione Provinciale di Genova – fosse siglato il 10 agosto, festa di San Lorenzo, mentre la presa di possesso avvenne il 30 novembre, perché, scriveva all’Amministrazione stessa: San Lorenzo non fu solo il grande Diacono e martire della Chiesa, ma anche il Santo dei poveri. Suo ufficio era di dare fede, pane e conforto a circa cinquemila poveri, mantenuti dalla carità dei primi fedeli. Quando il tiranno volle che gli venissero consegnati i supposti tesori della Chiesa, San Lorenzo chiese tre giorni di tempo; raccolse tutti i suoi poveri e condusse il persecutore tra quella turba di storpi, di vedove, di orfani e di vecchi e, additandoli, disse: – Ecco, questi sono i tesori della Chiesa! – San Lorenzo è dunque anche il Santo dei poveri. A Lui voglio affidare me e i miei poveri. Ecco perché sarei tanto grato, se si potrà fare l’atto di Paverano – che resterà casa e patrimonio dei poveri – nel giorno del vostro e del mio San Lorenzo“.

È il ‘34 e Don Orione parte per l’America. Nel periodo della sua assenza dall’Italia i contatti epostolari con la signora Queirolo non diminuiscono affatto, come testimoniano le lettere e i biglietti conservati; anzi, si può quasi dire che il legame spirituale tra le due anime si faccia più stretto: “più volte al giorno penso a Lei nel Signore, e pensare alla Signora Queirolo vuol dire pregare per la Signora Queirolo: è la stessa cosa per me”. Sono passati ormai dieci anni da quel lontano 1924 in cui si era spento Luigi Queirolo e l’anniversario della morte non sfugge al sacerdote che dall’Argentina così scrive alla benefattrice: “Quante volte la penso, e penso i suoi cari, e per Lei e per Loro prego. Il 20 è l’anniversario del Suo Luigi, io gli dirò messa qui, e farò ricevere la comunione e pregare per lui dai nostri orfanelli argentini. Chi gli avrebbe detto che per Lui si sarebbe pregato e da molti anche in America? Vorrei che queste mie povere parole le giungessero di spirituale conforto per il giorno anniversario, e per questo mando la presente per via aerea”.

“Il 28 aprile si chiude l’anno santo e si apre il primo Cottolengo del Sud America: Deo gratias! Nel blocco di marmo che costituità la pietra fondamentale si deporrà un mattone della Porta Santa: il Papa so che manderà una speciale benedizione apostolica: celebrerà il Nunzio Pontificio. Come sarei contento che Lei Signora Queirolo si trovasse qui! Io mi sernirei di venirla a prendere in aeroplano. L’avrò come presente: metterò una poltrona in prima fila, tra le autorità: ci farò sedere una povera vecchietta italiana, già accettata e che sta ora con le suore e tutti i giorni dice tanti rosari e uno per Lei Signora Queirolo, uno per me, e sarà come se fosse Lei presente. È contenta? Buona Signora Queirolo, io penso che se Lei fosse qui a vedermi direbbe di star sempre qui e non mi lascerebbe più tornare in Italia, ma io invece la voglio trovare sana e contenta in Domino.