Il segreto di Pulcinella

Abbiamo approfittato ampiamente delle nostre ospiti perché si prestano in tutta la loro variegata diversità a rubarci un sorriso, quando non proprio una risata piena. Inoltre, considerando l’insieme da un punto vista tecnico, i telefonini e derivati d’ogni specie, neo sostituti dei vecchi, nostalgici apparecchi fotografici, sostano sovente su di loro inglobando il materiale necessario ad alleggerire il testo per renderlo più vivo, partecipato e, nel caso dello scrivente, persino digeribile.

Oggi è il 14 febbraio, giorno dalla maggioranza degli italiani dedicato a San Valentino, sebbene con valenza decisamente diversa. Nell’ormai lontana giovinezza conobbi un Valentino, ma era solo un apprendista, un Don Barbiero qualsiasi. Però non ci ha mai deluso, rimanendoci accanto con un esempio raccolto, impegnato, umile, quasi a tracciarci la strada sulle proprie orme, modellate dalle scarpe rotte di Don Orione. Tuttavia, quando il sangue era più caldo, mi sono avvicinato al santo “laico”, non lo nego. Ma col freddo che fa… Però una cara amica – non si dicono gli anni delle signore, quantunque il vanto d’essere ex allieva della prima struttura orionina in Genova, Via del Camoscio (1924) la penalizzi un tantino – solitaria, mi ha telefonato gli auguri. Scusate se mi è sembrato opportuno riportare la data ma, se e quando mi leggerete, saremo già a metà aprile. Gli auguri, dicevamo. Ada B. merita una citazione, probabilmente l’aspetta. Lettrice accanita del nostro bollettino e critica storica attenta, mi attende al varco con le sue osservazioni. Non è questo il segreto di cui al titolo, del resto presumo più d’uno abbia già individuato l’amica. Niente d’irregolare, si capisce: lei è vedova… .

Ieri pomeriggio, mentre ci accingevamo a lasciare il lavoro per rientrare nelle rispettive abitazioni, diversi collaboratori mi chiesero cosa significasse la copertura laterale del giardinetto che separa il corpo del Von Pauer dal Paverano, di fianco al piazzale antistante la chiesa di S. Giovanni Battista. Non sono curioso e, di natura, abbastanza distratto. Dopo averli ringraziati per la segnalazione della palizzata in presunto legno, che altrimenti probabilmente non avrei neppure visto, mi sono chiesto come mai vadano sempre a cercare quell’unico papavero, peraltro di fine stagione, in un immenso campo di grano. E mi sono persino dato una risposta. Godo nel cercare risposte, e altrettanto a comunicarle. La fonte, quasi rubinetto, aspettava solo una piccola pressione. Così, previo un sopraluogo veloce, eccomi qui pronto nei tempi più consoni al Pulcinella nostrano.

Fra i lavori di ristrutturazione di primaria importanza figura la cucina, ora totalmente sventrata. A farne le spese il Salone San Lorenzo ridotto, dalle nobili origini, a deposito, luogo di sosta e ricarica dei carrelli portavivande. Di per sé l’impegno si presentava difficilmente riducibile, in termini di tempo ed economici. E a complicar le cose si misero di buona lena infiltrazioni più o meno estese nel piazzale, già oggetto di vari interventi, nel giardinetto, ora “oscurato” e nel “cavedio campana” sito internamente, a lato della chiesa. Si presume, confortati più dalla fantasia che dalla documentazione, l’utilizzo della campana derivasse dall’originale condizione monasteriale a far data dal 1.118. Doveva essere un luogo vissuto. Almeno negli ultimi cento anni è rimasto praticamente inutilizzato, salvo rifugio per vasi e fiori o il bruciare l’ulivo pasquale per attrezzarsi alle “ceneri”. Anche lui riprenderà vita  e socialità. È infatti destinato ad ospitare i vari distributori  di bevande ed alimentari, chiassosi oltre ogni dire, in particolare per quanti, vicino, cercano inutilmente di sentire una comunicazione telefonica e, talvolta, le parole dell’interlocutore.

Tornando al giardinetto, frequentato con piacere da ospiti e parenti in visita specie col bel tempo, servirà solo un po’ di pazienza. Tornerà a vivere, a sorridere fra quanti si sentono, e di fatto sono, esponenti d’una stessa famiglia. Varia e avariata, com’è logico, ma solidale.