Laudato si’: Lettera di Papa Francesco – 1a parte – Alesiani

  • La terra, casa comune, sorella e madre nostra?

« Laudato si’, mi’ Signore », cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricor­dava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: « Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».

  • Una sorella che protesta… Perchè?

Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Sia­mo cresciuti pensando che eravamo suoi pro­prietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malat­tia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che             « geme e soffre le doglie del parto » (Rm 8,22).

  • Con questa lettera vuole rivolgersi solo ai cattolici? … di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta. Nella mia Esortazione Evangelii gaudium, ho scritto ai membri della Chiesa. In questa Enciclica, mi propongo di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune.
  • Cosa diceva tanti anni fa Paolo VI? IL beato Papa Paolo VI si riferì alla problemati­ca ecologica, presentandola come « una conseguenza drammatica » dell’attività in­controllata dell’essere umano: « Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli ri­schia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione ». Parlò alla FAO, sottolineando « l’urgenza e la ne­cessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità », perché « i progressi scientifici più straordinari, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso so­ciale e morale, si rivolgono, contro l’uomo ».

UNITI DA UNA STESSA PREOCCUPAZIONE

  • Solo i cristiani sono preoccupati per il disastro ecologico?

Non possiamo ignorare che anche al di fuori della Chiesa Cattolica, altre Chiese e Comunità cristia­ne – come pure altre religioni – hanno sviluppato una profonda preoccupazione e una preziosa ri­flessione su questi temi che stanno a cuore a tutti noi.

  1. Il Patriarca Bartolomeo si è riferito partico­larmente alla necessità che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta… invitandoci a ricono­scere i peccati contro la creazione: « Che gli esse­ri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati ». Perché « un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio ».
  2. San Francesco d’AssisiÈ il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia. Era un mistico e un pellegrino che viveva in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predica­va persino ai fiori e « li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione »… Per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto.
  3. Il suo disce­polo san Bonaventura narrava che lui, « conside­rando che tutte le cose hanno un’origine comu­ne, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella ». D’altra parte, san Francesco, fedele alla Scrittura, ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà: « Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore » (Sap 13,5) Per questo chiedeva che nel convento si la­sciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero ele­vare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza. Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contemplia­mo nella letizia e nella lode.
  4. Che senso ha il suo appello? La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale. Il Creatore non ci abbandona, non si pente di averci crea­to.
  5. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringrazia­re tutti coloro che, nei più svariati settori dell’at­tività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. …Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale. Tutti pos­siamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cul­tura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità.
  1. 1° COSA  STA ACCADENDO ALLA NOSTRA CASA COMUNE?
  • I cambiamenti attuali sono un bene o una preoccupazione?

Propongo di soffermarci brevemente a considerare quello che sta accaden­do alla nostra casa comune.  La continua accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta si unisce oggi all’inten­sificazione dei ritmi di vita e di lavoro. Benché il cambiamento faccia parte della dinamica dei sistemi complessi, la ve­locità che le azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica.

  • Ma non dobbiamo avere fiducia nel progresso?

Dopo un tempo di fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane, una parte della società sta entrando in una fase di maggiore con­sapevolezza. Si avverte una crescente sensibilità riguardo all’ambiente e alla cura della natura, e matura una sincera e dolorosa preoccupazione per ciò che sta accadendo al nostro pianeta. Fac­ciamo un percorso, attraverso quelle questioni che oggi ci pro­vocano inquietudine e che ormai non possiamo più nascondere sotto il tappeto.

  • Quali problemi sono particolarmente preoccupanti?

 

  1. INQUINAMENTO E CAMBIAMENTI CLIMATICI

– Quali le principali forme di inquinamento?

L’esposizio­ne agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di morti premature. Ci si ammala a causa di inalazioni di elevate quantità di fumo prodotto dai combu­stibili utilizzati per cucinare o per riscaldarsi.          A  questo si aggiunge l’inquinamento che colpisce tutti, causato dal trasporto, dai fumi dell’indu­stria, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale. La tecnologia che pretende di essere l’unica so­luzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri.

– C’è da considerare anche l’inquinamento prodotto dai rifiuti…       Si producono centi­naia di milioni di tonnellate di rifiuti l’anno, molti dei quali non biodegradabili: rifiuti domestici e commerciali, rifiuti clinici, elettronici o industriali, rifiuti altamente tossici e radioattivi.

– La terra un deposito di immondizia?

La terra, nostra casa, sembra trasfor­marsi sempre più in un immenso deposito di im­mondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura. Molte volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per la salute delle persone.

– La cultura dello scarto: in che consiste?

Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli es­seri umani esclusi quanto le cose che si trasfor­mano velocemente in spazzatura. Rendiamoci conto, per esempio, che la maggior parte della carta che si produce viene gettata e non ricicla­ta.

– Cosa dovremmo imparare dalla natura? Stentiamo a riconoscere che il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare: le piante sintetizzano sostanze nutritive che alimentano gli erbivori; questi a loro volta alimentano i carnivo­ri, che forniscono importanti quantità di rifiuti organici, i quali danno luogo a una nuova gene­razione di vegetali.

Al contrario, il sistema indu­striale, alla fine del ciclo di produzione e di con­sumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura del­lo scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero, ma osserviamo che i progressi in questa direzione sono ancora scarsi

– Il clima come il primo bene comune?

Esiste un consenso scien­tifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico. Negli ultimi decenni, tale ri­scaldamento è stato accompagnato dal costan­te innalzamento del livello del mare, e inoltre è difficile non metterlo in relazione con l’aumento degli eventi meteorologici estremi.

– Qual è la prima cosa da fare?

L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per com­battere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano. Ha inciso anche l’aumento della pra­tica del cambiamento d’uso del suolo, principal­mente la deforestazione per finalità agricola.

– Lo sciogli­mento dei ghiacci polari… la perdita di foreste tropicali peggiora le cose… Se la ten­denza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inau­diti e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi. L’innalzamento del livello del mare, ad esempio, può creare situazioni di estrema gravità se si tiene conto che un quarto della popolazione mondiale vive in riva al mare o molto vicino ad esso, e la maggior parte delle megalopoli sono situate in zone costiere. Per esempio, i cam­biamenti climatici danno origine a migrazioni di animali e vegetali che non sempre possono adat­tarsi, e questo a sua volta intacca le risorse pro­duttive dei più poveri, i quali pure si vedono ob­bligati a migrare con grande incertezza sul futuro della loro vita e dei loro figli. È tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciu­ti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa. Purtroppo c’è una generale indifferenza di fronte a queste tragedie. La mancanza di reazioni di fronte a questi dram­mi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile.

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