Lavarsi le mani per non lavarsene le mani

Le infezioni correlate all’assistenza o ICA, in passato denominate infezioni ospedaliere o infezioni nosocomiali, sono un gruppo di patologie infettive che, come sottolinea l’OMS, possono verificarsi oltre che all’interno degli ospedali, anche in ambienti sanitari diversi come RSA (residenze sanitarie assistite), ambulatori, comunità terapeutiche ecc.

Le infezioni “correlate all’assistenza”, altrimenti definibili come comunitarie, possono essere causate da microrganismi opportunisti presenti nell’ambiente, che normalmente potrebbero anche non dar luogo a malattia, ma aggrediscono più facilmente pazienti fragili o immuno compromessi sia durante il ricovero sia dopo la loro dimissione.

La consensuale sempre maggior diffusione di germi multi resistenti agli agenti antibatterici (In Italia la resistenza agli antibiotici si mantiene purtroppo tra le più elevate in Europa) che riconosce come principale concausa l’uso inappropriato di questi farmaci, induce ad alzare quanto più possibile l’asticella dell’attenzione finalizzata ad una efficace prevenzione.

Un monitoraggio eseguito nel 2017 all’interno dei reparti di Paverano ha dimostrato come il 58% dei germi isolati (in maggior parte provenienti da colture urinarie) evidenziasse una qualche forma di resistenza. I batteri più presenti si erano rivelati essere  escherichia coli con una percentuale di positività del 60%, proteus mirabilis con il 50% e klebsiella  pneumoniae con il 55%.

Le infezioni correlate con l’assistenza costituiscono una delle più comuni complicanze legate alle diverse prestazioni sanitarie. La letteratura scientifica ha evidenziato che circa il 60% dei casi potrebbe essere evitato con una stretta adesione alle indicazioni delle linee guida di prevenzione.

In Europa, le ICA. provocano ogni anno 37.000 decessi direttamente attribuibili e 110.000 decessi per i quali l’infezione rappresenta una concausa (fonte: European Centre for Disease Prevention and Control, Economic  evaluations of interventions to prevent healthcare-associated infections, Stockholm, ECDC, 2017)
In Italia ogni 100 pazienti ricoverati in ambiente ospedaliero, circa 6,3 contraggono una I.C.A. durante la degenza (fonte: Rapporto nazionale, a cura dell’Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna, 15 ottobre 2013).

Una strada maestra per combattere le infezioni correlate all’assistenza, oltre all’uso sempre più consapevole dei farmaci antibiotici, è rappresentata dalla riduzione o eliminazione del numero dei microorganismi sulle superfici di oggetti che vengono toccati frequentemente come maniglie, rubinetti, ringhiere, piastre, ecc. Queste superfici possono ricevere e ospitare molti batteri patogeni, che poi giungerebbero ai pazienti semplicemente attraverso il contatto con uno di questi oggetti “contaminati”. Secondo alcune stime l’80% delle infezioni nosocomiali si trasmette proprio in questa maniera.

Un ruolo centrale nella trasmissione delle infezioni è svolto dalle mani del personale e di chi venga a contatto in genere con i nostri Ospiti: moltissimi microrganismi sia gram-positivi (Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis) sia gram-negativi (Escherichia coli, Serratia, Enterobacter, Acinetobacter spp., Pseudomonas spp) sono in grado di colonizzare temporaneamente o stabilmente le mani.

Tra le misure preventive nella pratica assistenziale, l’igiene delle mani è senza dubbio la più importante quanto a combinazione di efficacia, semplicità e costi di applicazione. Infatti il solo lavaggio delle mani può ridurre significativamente i decessi conseguenti alle infezioni, le giornate di ricovero e le spese sanitarie.

Due sono le modalità di igienizzazione delle mani:

  • Il lavaggio sociale o igienico (con acqua e sapone) ha lo scopo di eliminare lo sporco visibile e rimuovere la flora microbica transitoria ed è raccomandato per proteggere il paziente e l’operatore sanitario dalla trasmissione di infezioni da contatto, per via aerea e attraverso goccioline. Si esegue prima di manipolare farmaci o di preparare o servire alimenti.
  • La frizione alcolica delle mani (con una preparazione idroalcolica al 60-80% di alcol, in genere etanolo, isopropanolo, n-propanolo, associato a sostanze emollienti, umidificanti e ad agenti protettivi per la cute delle mani) ha per obiettivo l’eliminazione della flora transitoria e la riduzione della carica microbica residente delle mani. Si effettua se le mani non sono visibilmente sporche, prima e dopo il contatto con il paziente; dopo la rimozione dei guanti non sterili; prima di manipolare un dispositivo invasivo per l’assistenza al paziente (indipendentemente dall’uso dei guanti); dopo il contatto con fluidi e secrezioni corporee, membrane mucose, cute non integra o medicazioni delle ferite; dopo contatto con oggetti inanimati (inclusi i presidi sanitari) nell’immediata vicinanza del paziente. La frizione con soluzione alcolica deve durare complessivamente 20-30 secondi fino a completa asciugatura. (Fonte: sito FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche)

Le Direzioni Sanitarie del PCDO, tramite la diffusione di specifici protocolli, si sono adoperate nel tempo per un uso sempre più puntuale di queste procedure preventive.

Il consumo di gel alcolico all’interno della struttura di Paverano che nel 2014 risultava di soli 244 ml/anno per posto letto, nel 2017 è risultato più che raddoppiato.
Questi livelli seppur in crescita risultano ancora lontani dall’optimum raccomandato dall’OMS. Pertanto per il 2018 ci si è posti come obiettivo:

1) un incremento generalizzato dei consumi,

2) la diminuzione delle differenze di consumi tra reparti, pur tenendo conto della diversa tipologia degli stessi

3) una miglior disponibilità del prodotto tramite ricollocazione dei dispenser negli spazi interni ed esterni ai reparti

4) un miglioramento nell’appropriatezza d’uso, anche mediante formazione e verifiche.

Gli obiettivi sopra elencati sono volti a migliorare, tramite manovre semplici e routinarie, ma dall’efficacia ormai ampiamente dimostrata da tutta la letteratura internazionale, la qualità dell’assistenza e conseguentemente la salute dei nostri fragili Ospiti.

Michela Bigolari
Federico Astengo