Pietà e compianti

Le scene che ruotano intorno alla morte di Gesù, la cui traduzione visiva attinge soprattutto ai Vangeli di Luca e Giovanni, esprimono una forza simbolica ed un’intrinseca spettacolarità scenica tale da garantire loro un ruolo di assoluta preminenza nell’impiego dell’arte sacra come “discorso per immagini” accessibile a tutti i credenti e, specialmente in epoche antiche, ai meno edotti.

Ponendosi per certi versi come cristallizzazione delle rappresentazioni recitative solitamente svolte in periodo quaresimale, i gruppi scultorei in legno, argilla o cartapesta rappresentanti scene della nascita o della morte del Salvatore, incontrarono, a partire dalla fine del Trecento sempre maggior favore, unendo le qualità comunicative del teatro alla durevolezza dell’arte plastica.

È tuttavia necessario distinguere tra Pietà e Compianto, due iconografie spesso confuse.

Con Pietà si intende il gruppo di Maria Vergine che abbraccia e sorregge in grembo il corpo morto del figlio appena deposto: è una composizione serrata, tendenzialmente in forma piramidale, di grande intimità perché ruota intorno all’unione fisica ed emotiva delle due figure, cui solo di rado ne sono affiancate altre. Con il nome di Vesperbild questa iconografia è quella generalmente diffusa fin dal XIV secolo nei Paesi germanici, donde per l’appunto la trassero la nostra Penisola ed il resto d’Europa, progressivamente adottandola in modo quasi esclusivo ma addolcendone le tradizionali rigidità posturali.

Anche in Italia il tema della Pietà ebbe un ampio seguito, a partire soprattutto da quelle zone legate al nord Europa per contiguità geografica o per ragioni di interessi culturali ed economici.

All’inizio del XVI secolo, proprio ispirandosi alle Vesperbilder tedesche, Michelangelo rivoluzionò definitivamente il tema della Pietà, risolvendo il rapporto madre-figlio in una composizione più morbida, di forma piramidale, come nella Pietà Vaticana, destinata a un ampio successo

Diverso è il caso del Compianto (letteralmente pianto di più persone assieme), chiamato anche Lamentatio o Mortorio, che rappresenta Cristo già trasportato e deposto nel sepolcro, ove per l’appunto viene pianto circondato dalla Vergine e da altri personaggi, in numero variabile, citati nei Vangeli.

Oltre al Cristo morto, le altre figure canoniche quasi sempre riconoscibili nella scena del Compianto sono quelle che, secondo i racconti evangelici e la tradizione religiosa, hanno preso parte alle ultime fasi della Passione come ad esempio le “tre Marie” identificabili nella Madre di Gesù, in Maria di Magdala altresì nota come Maria Maddalena ed in Maria di Cleofa.

Il tema iconografico del Compianto sul Cristo morto ha avuto, specie a partire dal Rinascimento, un’enorme diffusione nell’arte sacra sia nel campo della pittura, sia in quello della scultura.
Nel campo della pittura un esempio precoce e notevolissimo di Compianto è quello realizzato da Giotto nel ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Nel campo della scultura il termine Compianto identifica un gruppo di statue o personaggi, di grandezza spesso naturale, con il corpo del Cristo disteso a terra, collocato al centro della scena e le figure degli astanti disposte attorno ad esso in modo da ottenere un evidente effetto teatrale, e favorire così la immedesimazione dei fedeli nel tragico evento.

Questa iconografia, che taluni ipotizzano esser stata introdotta dai bizantini, è quella tradizionalmente diffusa nella nostra Penisola prima dell’avvento del Vesperbild di origine nord europea e per molti versi è il naturale risultato dell’incontro della tradizione del Presepio con quella delle Laude drammatiche. 
Proprio in ragione della natura della scena, spesso i mortori erano allestiti entro grotte artificiali, la maggior parte delle quali sono oggi andate perdute, ospitate entro nicchie o cappelle nelle chiese o nel segreto dei conventi.

F.A.