Lettera da Buenos Aires 10 marzo 1937
“Chi dà al povero dà a Dio” – Servire Dio nei poveri più bisognosi.
Ai miei benemeriti Benefattori e Benefattrici del Piccolo Cottolengo Genovese.
La pace sia sempre con noi!
So che anche quest’anno vi riunirete per la festa di S. Giuseppe, o miei Benefattori e Benefattrici di Genova. E sà Iddio con qual piacere vorrei trovarmi con voi, come già in altri anni; ma bisogna pazientare ancora un po’, per più poco, però, e poi avrò la gioia di rivedervi tutti, se così a Dio piace, come spero. Quando poi saprete le ragioni di questa tardanza a venire, non solo nessuno se ne lamenterà più, ma, forse, più d’uno dirà: “ma poteva fermarsi ancora!”. Però, oggi vengo, o buoni Amici, a confermarvi la notizia che vengo e che stò già con un piede sulla scaletta che sale al piroscafo; mi fermerò un po’ in Brasile, ma
non passeranno più tanti mesi che mi saprete già in Italia. Vi farò un’improvvisata! Però, anche a codesta vostra adunanza voglio esser presente, in ispirito almeno. È bella la vostra riunione alla vigilia di S. Giuseppe: nella festa e sotto gli auspici di S. Giuseppe si è aperto in Genova il Piccolo Cottolengo, e S. Giuseppe non è solo il celeste Provveditore dei nostri Poveri, ma anche il Santo del Cottolengo, il quale da tutti era chiamato “Don Giuseppe”: Giuseppe Benedetto Cottolengo. Ora, come vi stessi davanti, lasciate che vi rivolga il mio più cordiale saluto nel Signore, e che vi ringrazi, cari miei Benefattori e Benefattrici, di tutto quel gran bene
che avete fatto ai nostri poveri del Cottolengo Genovese. Iddio ve ne ricompensi largamente in questa e nell’altra vita! Chi dà al povero per l’amore di Dio, dà a Dio stesso! E lasciate che vi dica che io sentivo che l’Opera del Piccolo Cottolengo in Genova non avrebbe sofferto per la mia lontananza, ma si sarebbe consolidata e ingrandita. Non poteva essere che così, dacché il Piccolo Cottolengo in Genova non è opera mia, ma della Divina Provvidenza. Quando ho dovuto partire, ho messo tutti i poveri nelle mani della Santa Madonna, e son partito tranquillo, ben sapendo che il Piccolo Cottolengo, dopo il Cielo, sarebbe stato sostenuto dalla vostra carità, e che i miei cari Benefattori e Benefattrici
di Genova avrebbero continuato a favorirlo. E più si prolungava il tempo di restar qui, più comprendevo che la Divina Provvidenza, per il Piccolo Cottolengo di Genova, voleva servirsi di voi, miei Benefattori e Benefattrici, e non di me, per fini suoi, sempre giusti, sapienti e santi, se non anche per umiliare la mia grande superbia. E così dimostrare anche, sia agli amici che ai contrari, se ve ne fossero, che il Cottolengo Genovese non è opera mia, ma è opera del Signore: che va avanti, e anzi meglio, me assente e lontano per anni interi, perché è sostenuto dalla mano di Dio, dalla protezione celeste di Maria Santissima, di S. Giuseppe, e di San Giuseppe
Benedetto Cottolengo, il Santo degli infelici e abbandonati. Ed anche per mostrare che è validamente confortato e aiutato dalla vostra benevolenza e carità, o miei buoni, indimenticabili Genovesi, che avrete un fare un po’ fiero, ma avete poi un cuor d’oro, un cuore grande, più grande che il vostro mare. Ché, se il Piccolo Cottolengo si è diffuso e allargato anche in Sud-America e altrove, questo si deve, in gran parte, all’esempio edificante di carità verso i poveri, che voi avete dato. Certo è che molto da voi, o Genovesi, hanno imparato le persone benemerite, che
nei Piccoli Cottolengo, quì e altrove, si occupano dei poveri più infelici e più abbandonati: il vostro zelo, il vostro spirito di cristiana carità, la latitudine e magnanimità del vostro cuore ha fatto scuola! Dio ve ne renda merito in terra ed in Cielo! Si capisce che, a perfezionare il Piccolo Cottolengo, rimane ancor molto: l’opera non è finita, ma solo abbozzata, ed ha ancora molte imperfezioni: ma voi sapete che nessun uomo è senza difetti, e così le Istituzioni: anch’esse si formano a poco a poco. Io, che ho conosciuto Don Bosco, Don Rua ecc., vi posso dire che, a quei tempi, la Congregazione Salesiana non era così ordinata come è adesso. C’era molto buono
spirito, e il buono spirito vale per tante cose. Se nel Piccolo Cottolengo e nelle nostre persone, voi, miei Benefattori, vedete che ci sono ancora tante manchevolezze, non dovete scoraggiarvi né raffreddarvi per questo, ma, siccome voi amate di sincero amore quest’opera di fede e di Carità, Voi dovete pregare per noi e aiutarci coi vostri consigli a migliorare ogni cosa, e noi stessi, prima di tutto. Per divina grazia, noi vogliamo, in umiltà grande, amare e servire Gesù Cristo nei poveri più bisognosi e vogliamo servire i poveri col più grande e dolce spirito di carità. Con l’aiuto di Dio e ascoltando i buoni consigli di tutti, vogliamo che il Piccolo Cottolengo risponda, sempre più e sempre meglio, al suo fine santo, allo scopo per cui Iddio, Padre misericordiosissimo, lo ha suscitato. Dal profondo del nostro nulla, o cari Benefattori e Benefattrici, noi leviamo
lo spirito e il cuore al Cielo, vogliamo confidare in Dio, avere in Dio la fiducia la più filiale, una fiducia senza limiti; – e ben sappiamo che, facendo così non andremo male, non andremo confusi; chi confida in Dio non va confuso in eterno. Né, per i nostri difetti, vogliamo scoraggiarci: senza difetti non c’è nessuno. Noi cammineremo avanti, ai piedi del Signore e della S. Chiesa, pregando e confidando nella Divina Provvidenza e nel vostro cuore, sempre pieno di carità, o cari Benefattori, affidati al buon Dio, che vincerà tutte le nostre miserie e trionferà in noi, suoi poveri figli e stracci. Noi null’altro desideriamo che amarLo, il Signore, in fedeltà e sacrificio totale di tutti noi, sperando in Lui, desiderosi di perfezionarci nel suo santo servizio e nella carità, amare Dio e i poveri. E vogliamo in Domino non impicciolirci, ma pensare in grande, perché Dio è grande, e amare tutti di amore santo e grande, e non perderci in piccolezze.
E così, in Domino e da buon fratello in Cristo, esorto voi, o Amici, Benefattori e Benefattrici del Piccolo Cottolengo Genovese, a non lasciarvi mai, mai inagrire il cuore se mai vi fosse chi, pur con la intenzione del bene, cercasse di seminare zizzania, sfiducia, critica, diminuendo in voi lo spirito di carità e rubandovi la dolcezza del cuore; ché questo non sarebbe mai secondo lo spirito del Signore. Ed ora vi saluto nel Signore, o carissimi Benefattori e Benefattrici, e invoco dal Signore su di voi ogni più consolante grazia e benedizione: su di voi e sulle vostre Famiglie. Pregate per me: per voi prego sempre. Mi è gradita questa circostanza per farvi i migliori auguri di buona Pasqua, mentre coi desideri più ardenti affretto il giorno di potervi personalmente esprimere tutta la mia più profonda gratitudine.
Vostro obbl.mo in Gesù Cristo. Sac. G. Luigi Orione
dei Figli della Div. Provv.za
Eccovi la lettera pei benefattori di Genova: è diventata troppo prolissa, pazienza!
Saltate e tagliate corto, che farà più effetto. Dio benedica tutti!